di Domenico Maceri

Finché sarò procuratore generale svolgerò i miei compiti con integrità e onore”. Ecco come Jeff Sessions, attuale capo del dipartimento di giustizia, ha reagito all’ennesimo tweet di Donald Trump che ha etichettato la sua condotta “vergognosa” per la mancata celerità di investigare alcuni comportamenti potenzialmente inappropriati connessi con lo scandalo di Russiagate. Sessions aveva dato il compito all’Ispettore Generale del dipartimento di giustizia, un gruppo con una certa indipendenza che prende tempo nelle sue investigazioni. Trump però ha fretta e continua a cercare metodi per silurare le indagini di Robert Mueller, procuratore speciale sulle interferenze russe nell’elezione americana del 2016.

I rapporti fra Sessions e Trump sono iniziati a essere tesi con la decisione del procuratore generale di ricusarsi delle indagini del Russiagate nel mese di marzo del 2017. Il 45esimo presidente aveva voluto che Sessions prendesse la direzione nelle indagini aspettandosi da lui un fedele soldato che sarebbe andato alla leggera sulla questione che è divenuta ingombrante per Trump. Sessions era stato uno dei primissimi sostenitori di Trump quando il tycoon annunciò la sua candidatura presidenziale nel 2015. I rapporti fra i due erano molto buoni e una volta eletto il 45esimo presidente nominò Sessions procuratore generale oltrepassando Rudy Giuliani e Chris Christie.

Trump credeva che Sessions gli avrebbe dimostrato fedeltà subordinando la giustizia alle esigenze politiche. Ecco perché voleva assolutamente che Sessions non si ricusasse dalle indagini sulle interferenze russe nell’elezione americana. Trump cercò di convincerlo incaricando persino Don McGahn, il legale della Casa Bianca, di mettere pressione su Sessions affinché tenesse le redini dell’investigazione del Russiagate. L’ex senatore dell’Alabama però si rese conto che data la sua partecipazione nella campagna elettorale in cui fu il direttore della commissione del consiglio di sicurezza di Trump non poteva incaricarsi di investigare la questione per gli evidenti conflitti di interesse. Dopo essersi ricusato, il compito delle inchieste è caduto su Rod Rosenstein, numero 2 al dipartimento di giustizia, il quale ha nominato Mueller procuratore speciale.

Sono seguiti numerosissimi tweet mediante i quali Trump ha cercato di sminuire la posizione di Sessions come procuratore generale. Nel mese di luglio del 2017 l’attuale inquilino alla Casa Bianca aveva ordinato l’allora chief of staff Reince Priebus di ottenere una lettera di dimissioni da Sessions. Priebus esitò a farlo e la pressione dei legislatori che sostengono Sessions convinse Trump a cedere. I rapporti fra i due però toccarono il fondo e Sessions alla fine decise di offrire le dimissioni, incapace di sopportare i continui tweet velenosi di Trump nei suoi confronti. Trump inizialmente voleva accettarle onde potere nominare un nuovo procuratore generale più fedele a lui, che mettesse fine alle indagini di Mueller. Poi però, convinto da alcuni collaboratori, non accettò le dimissioni.

Sessions continuò al dipartimento di giustizia facendo le cose che considerava importanti che in grande misura coincidono con l’ideologia e le aspettative di Trump. Queste includono la politica sulle armi da fuoco, i crimini violenti, l’immigrazione illegale e la droga. Trump però ha continuato a dimostrare il suo disappunto per Sessions e negli ultimi tempi gli ha persino affibbiato il nomignolo di “Mr. Magoo”, un personaggio di fumetti, vecchio, miope e incompetente.

C’è sempre la possibilità che Trump decida di licenziare Sessions ma al momento l’attuale procuratore generale sembra avere trovato una certa tranquillità. In parte ciò si deve al fatto che l’attuale inquilino della Casa Bianca ha licenziato un folto numero di collaboratori e molti altri hanno offerto le loro dimissioni, incapaci di lavorare nel clima di caos creato dall’impulsività di Trump. Il più recente è Gary Cohn, uno dei suoi più importanti consiglieri economici, il quale ha dato le dimissioni non condividendo i dazi annunciati da Trump sull’acciaio e alluminio. Inoltre, la sicurezza di Sessions viene rafforzata dal fatto che l’ex senatore dell’Alabama è apprezzato da buona parte dei senatori repubblicani i quali non sarebbero molto contenti del trattamento iniquo di uno dei loro. Questi senatori collaborano con Trump e sono indispensabili per l’agenda della Casa Bianca. C’è anche la possibilità che un licenziamento di Sessions possa fare scattare l’interesse di Mueller verso questo, come possibile esempio di ostruzione alla giustizia, allo stesso modo com’è accaduto con il licenziamento di James Comey, ex direttore della Fbi.

Nonostante tutto, il danno fatto da Trump al dipartimento di giustizia non andrà via presto. Nessun presidente americano ha mai dimostrato un tale disprezzo verso il dipartimento di giustizia come ha fatto Trump. Sessions ha contribuito a questo danno con il suo silenzio di fronte alle accuse del presidente, dimostrando debolezza e causando un morale bassissimo nel dipartimento da lui guidato. Con la sua reazione all’ultimo tweet di Trump, Sessions si è però ripreso difendendo se stesso e tutto il  dipartimento di giustizia. Non a caso c’è stata una recente cena, di cui ha parlato la stampa, tra Sessions, Rosenstein e Noel Francisco, (numero 1, 2, e 3 al  dipartimento di giustizia) in un ristorante vicino al Trump International Hotel a Washington, D. C.: un fatto che invia un messaggio chiarissimo al presidente. Il dipartimento di giustizia è unito e farà il suo dovere senza essere influenzato da pressioni politiche.

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