Di Aldo Ferrara

Cosa hanno in comune – oggi dopo essere state unite nel lontano passato dal socialismo reale – Ungheria, Polonia, Rep. Ceca e Slovacchia? Sono Paesi dell’ex Est sovietico che, già nel 1991, epoca non sospetta con la Russia di Eltsin, si erano riuniti a Visegràd per costituire un patto di adesione all’Europa occidentale e che ora godono del sostegno delle Repubbliche baltiche, di Croazia e di Macedonia. Ora fanno fronte ancora contro l’immigrazione proveniente dal Mediterraneo sud-orientale per costruire una barriera di 175 km: neanche tanto ideale, ma di filo spinato che separi fisicamente il confine ungherese da quello serbo. Ma l’iniziativa di chiusura “a filo spinato” della frontiera ungherese sembra essere l’epifenomeno di ben altre problematiche, in primis la questione energetica. Qual è il contesto globale in cui si pone questa nuova iniziativa?

Il contesto è la morsa di tenaglia costruita dalla Russia mediante oleodotti o pipelines che rifornisce l’Europa priva di oil & gas.

La morsa energetica settentrionale

L’Europa delle potenze tradizionali (Francia, Germania, Olanda e Belgio), da tempo vicine alla Russia in una sorta di revival di Ostpolitik, ha creato le premesse per un rifornimento costante di gas russo attraverso il North Stream. La società che ne cura lo sviluppo, la North Stream Ag (già North European Gas Pipeline Company) ha sede a Zurigo ed è costituita da: Gazprom 51%, Ruhrgas 15.5%, Wintershall 15,5%, N.V. Nederlandse Gasunie 9%, Gaz de France -Suez 9%. Il North Stream è inserito sin dal 2000 nel progetto prioritario delle Reti trans-europee dell’energia (Ten-E, dall’acronimo inglese) cioè fra i progetti che l’UE ritiene primari per la sicurezza dell’approvvigionamento. Come si vede, il Consorzio è un patto franco-tedesco-russo non esplicitato ma manifestatosi in numerose occasioni pubbliche e che sul versante energetico ha un caposaldo imprescindibile nel North Stream. Il quale sarà integrato da un North Stream II che parte dalla Russia e terminerà nel bosco della Germania. Nello specifico, il N.S. 2 è un oleodotto a lato del NS1 che dalla baia di Narva in Russia, trasferirà all’Europa, via Germania, gas tratto dalla riserva di Kurgalsky, oltre 4.9 trillion m3, più del doppio delle riserve attuali EU (1.9 trillion). La pipeline, dopo aver attraversato il Mar Baltico sfocerà a Lubmin, distretto di Greifswald in Germania (https://www.frontiere.eu/leuropa-al-tempo-del-petrolio/).

Ma gli altri Paesi non stanno a guardare. Dal 2015 Visègrad è integrato da altri Paesi (M. Cazzulani, Non solo Siria, a New York nasce il nuovo Intermarium, nel blog “La voce arancione”, del 5.10.2015) dal Mar Baltico a quello Adriatico (Polonia, Bulgaria, Croazia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania ed Ungheria).

Il gruppo, denominato Intermarium, ha lo scopo di contrastare la politica franco-tedesca, che è sempre più aderente a Mosca, stigmatizzando come il gasdotto North Stream possa isolare energeticamente l’Europa del Centro-Nord. Quindi un’area geopolitica consistente, dal mar Baltico al Mediterraneo, che si propone interdittiva non solo ai fini energetici ma anche di contrasto politico.

Questo accordo tra i Paesi dell’Europa Centrale è anche indicativo dello stato di sofferenza politica in cui versa il vecchio continente ormai spaccato. Lo scenario sembra quello di un‘Europa a tre velocità energetiche e non solo: Francia, Russia e Germania, con Olanda e Belgio da un versante, dall’altro i Paesi dell’Intermarium, e infine i Paesi mediterranei che poi dovranno gestire le vie energetiche alternative a quelle nord-continentali tramite il Corridoio meridionale degli oleodotti provenienti da Azerbaijgian e Iran. Sotto sotto dunque una guerra di gas e condotte, soffocata sul piano dei media ma che potrebbe far ulteriormente vacillare equilibri precari.

Lo scenario si complica con l’arrivo sul mercato internazionale del gas iraniano che è disponibile anche per il gruppo dei Paesi aderenti all’Intermarium i quali, a loro volta esclusi dalle forniture di gas russo e abbracciati dalla non morbida tenaglia dei due rami del North Stream, non faranno fatica ad approfittare delle nuove forniture.

L’approvvigionamento di gas a uso industriale e domestico per ben 12 dei 27 Paesi dell’UE (Polonia, Bulgaria, Croazia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania ed Ungheria) non può non assumere alta valenza politica. Guerra nel Nord Iraq, trasferimento di gas dall’Eurasia e Iran, nascita dell’Intermarium e chiusura commerciale dell’America di Trump sembrano tessere di un risiko geopolitico che comunque ruota tutto attorno alle energie fossili. Anche la Brexit? Certamente l’uscita dalla UE di Gran Bretagna, con Scozia e Irlanda (almeno quella del Nord) assume il significato dell’autonomia nella gestione del Brent che rientra nel mercato non ai prezzi fissati dalla UE ma con quelli che la Scozia probabilmente detterà alla stessa Gran Bretagna.

La morsa energetica meridionale

Questo contesto appare ancor più complicato dalla difficile gestione del corridoio meridionale del gas dove i primi attori sono Russia e Turchia. La morsa meridionale è costituita dalla Transanatolian Pipeline (TANAP) che diventa, nel suo passaggio adriatico, la famigerata TAP (Trans-Adriatic Pipeline) con approdo a Melendugno. Ma pochi chilometri più giù arriverà il Poseidon (https://www.frontiere.eu/9673-2/) concertato da Cipro, Grecia, Italia e Israele per ridurre la dipendenza dell’UE dalla Russia. Una lunga ferita sottomarina con i suoi 1.900 km che è, al momento, la più lunga pipeline al mondo e quindi presenta pari problematicità di tipo ambientale, basti immaginare un lunghissimo tunnel in fondo al Mediterraneo a rischio quotidiano di sversamenti.

Un’altra Europa, meno incentrata su Germania e Francia, è possibile

La politica dei migranti è dunque la foglia di fico della politica energetica? Ne è convinto anche Matteo Cazzulani, uno di massimi analisti di geopolitica dell’Est. “…Anche se i paesi dell’Europa centrale orientale sono considerati le “pecore nere” dell’Unione europea a causa della loro opposizione alla politica migratoria della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha invitato l’Europa centro-orientale ad accogliere i rifugiati dal Medio Oriente che ha accolto in Germania – il documento che il Gruppo V4 presenterà è fortemente basato su una visione europeista che, tuttavia, differisce dall’approccio “federale” che Germania, Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo sostengono. Il V4 Group insiste su “proteggere la vita della nostra gente” attraverso “la cooperazione nella sicurezza interna” e “la dimensione esterna della politica migratoria”. (M. Cazzulani http://geostrategy.org.ua/en/komentari-ta-ocinki/item/1198-energetichniy-soyuz-i-rivnopravnist-tsentralno-shidna-evropa-zaklikae-yunkera-do-rozbudovi-kraschogo- evropeyskogo-soyuzu)”.

Parimenti la politica di migrazione dalle coste africane diventa la foglia di fico della questione energetica meridionale. Quale sarà dunque la posizione italiana, una volta che Alfano e Minniti lasceranno i loro Dicasteri ( Esteri e Interni rispettivamente)?

L’onda di risucchio sull’Europa

Un pabulum internazionale e politico perfetto per i Millennials di casa nostra. Lega e M5S sono, come si sa, favorevoli alla politica espansiva di Putin. Forse più Salvini, che lo ha esternato pubblicamente. Sulla politica estera in complesso i 5S devono riflettere o forse formulare una proposta autonoma. Certo è che la loro politica a-europeista, se non anti esplicitamente, potrebbe embricarsi con un esplicito assenso all’espansionismo putiniano a tendenza francamente egemonica. Soffia di certo sull’Europa una ventata di aria fortemente in antitesi con quella classica di tradizionale tendenza centripeta, di copertura conservatrice. Una tendenza che potrebbe rivelarsi centrifuga con appoggio esplicito alla politica putiniana. Con la quale poi scontrarsi a proposito della Turchia, ormai salda alleata russa, ma che a malapena potrebbe essere digerita dai leghisti.

Esistono dunque contraddizioni mal celate che rendono impossibile una politica mediterranea italiana a tendenza autonoma, sia sul versante economico (accordi commerciali o estrattivi di petrolio con Egitto e Libia), sia sul versante meramente geopolitico di interdizione e gestione delle principali questioni: da quella siriana a quella palestinese, al nodo iraniano che potrebbe diventare crinale dirimente tra due grandi versanti, quello statunitense e quello russo.

Noi con Salvini o con i 5S dove staremo?

 

Bibliografia

Cazzulani M. Energy Union and Equality: l’Europa centro-orientale esorta Juncker a costruire una migliore Unione Europea. Strategia XXI, 03.07.2017

Cazzulani Matteo. Non solo Siria, a New York nasce il nuovo Intermarium, la voce arancione, 5.10.2015

Ferrara Aldo. virgin Oil, le insostenibili condotte dell’Eurasia, Cavinato Editore 2015

Ferrara A.  Merkel: il cambio o cambio l’Europa. Glistatigenerali.com, 02.06.2017

Ferrara A. Muro per i migranti o condotte insostenibili? http://www.glistatigenerali.com/immigrazione_politiche-comunitarie/muro-per-i-migranti-o-condotte-insostenibili/

Natale M.S. Migranti: polacchi, cechi, slovacchi e ungheresi vogliono il Muro dell’est. Corriere della Sera 16.02.2016

http://geostrategy.org.ua/en/komentari-ta-ocinki/item/1198-energetichniy-soyuz-i-rivnopravnist-tsentralno-shidna-evropa-zaklikae-yunkera-do-rozbudovi-kraschogo-evropeyskogo-soyuzu,

http://www.economist.com/blogs/easternapproaches/2014/04/donald-tusks-energy-union (in M. Cazzulani)

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