Il tragico naufragio al largo della cittadina greca di Pylos che, nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2023, è costato la vita probabilmente a più di 600 persone, ha riproposto drammaticamente gli inaccettabili costi umani delle migrazioni, in fuga da guerre e calamità. Ma non tutti i viaggi della speranza hanno un esito così terribile. L’incredibile storia di Ryyan Alshebl, un siriano che scappava dalla guerra civile che, arrivato in Germania, ha preso la cittadinanza ed è poi stato eletto sindaco di un paesino in una ricca regione del sud. L’esempio tedesco dimostra che l’immigrazione va governata e non demonizzata.

Ryyan, oggi 29enne, fugge dalla Siria nel 2015, dopo quattro anni di guerra civile, perché non vuole essere arruolato nell’esercito del dittatore Bashar al-Assad. Insieme a tre amici e con uno zaino come unico bagaglio attraversa il confine con la Turchia. Da lì, a bordo di un canotto di gomma con posto per 15 persone ma che ne trasportava 48, arriva nell’isola greca di Lesbo. “La traversata è stato il momento peggiore –racconta successivamente- soprattutto quando abbiamo cominciato a imbarcare acqua”. Per ridurre il peso a bordo è costretto a disfarsi dello zaino, rinunciando alle poche cose che si era portato dietro ma poi, finalmente, tocca terra. Da Lesbo, attraverso la collaudata rotta dei Balcani, cammina per otto giorni fino a raggiungere la Germania dove beneficia della politica di apertura decisa dalla Cancelliera Merkel e viene accolto come richiedente asilo.

Dal sud della Siria al ricco Baden-Württenberg

Figlio di un’insegnante e di un ingegnere agricolo, Ryyan nasce a As Suwayda, nel sud-ovest della Siria. Terminati gli studi superiori, si iscrive a Scienze bancarie ma lo scoppio della guerra civile gli impedisce di proseguire, poi la decisione di partire per l’Europa. Il giovane è fortunato perché sopravvive al viaggio in mare e lungo il percorso riceve da una postazione della Croce Rossa medicine di base e del cibo così da poter proseguire verso la Germania. Arrivato in Austria, a 1900 chilometri da Lesbo, qualcuno gli fornisce abiti puliti e, insieme a centinaia di migliaia di altri profughi, può avvalersi della politica della Cancelliera Angela Merkel che nel 2015 decide di aprire le solide porte della Germania ai richiedenti asilo. Il 31 agosto 2015, dopo aver visitato un campo di accoglienza per i nuovi arrivati, la Cancelliera pronuncia una frase che rimarrà nella storia: Wir schaffen das, Ce la faremo.

La Germania, il cuore geografico dell’Europa, ha messo a punto da decenni un’articolata strategia per accogliere persone e lavoratori provenienti dall’estero che sono indispensabili al suo apparato produttivo. (Mappa di Botaurus-stellaris Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported)

La Germania che, come la maggior parte dei Paesi avanzati, ha seri problemi di denatalità, da molti anni ha approntato un piano di accoglienza per ospitare, formare e inserire nel sistema produttivo la forza lavoro proveniente dal Sud del mondo. Naturalmente, queste non sono scelte a costo zero perché il populismo di estrema destra guidato da Alternative für Deutschland (AfD) agita lo spauracchio della sostituzione etnica e, nel settembre del 2017, supera la soglia di sbarramento ed entra nel Parlamento. Un altro momento di gravissima tensione si ha il 19 dicembre 2019 quando un tunisino, la cui richiesta di asilo era stata respinta, investe con un camion la folla che affollava il mercato di Natale a Berlino e uccide 12 persone ferendone 70. L’attentato viene rivendicato da Al Qaida. Ma la strategia del governo di investire sull’accoglienza e sulla formazione dei migranti non subisce battute d’arresto.

Quando Ryyan arriva in Germania non sa una parola di tedesco, anche se è un tifoso del Bayern Monaco. Oltre ai corsi di lingua, viene formato come impiegato pubblico in un corso triennale e inizia a lavorare nel municipio di Althengstett, nel ricco stato meridionale del Baden-Württenberg. Qui si occupa di assistenza diurna e di digitalizzazione e ha modo di osservare il funzionamento delle istituzioni tedesche. È proprio il dirigente dell’ufficio in cui lavora a suggerirgli di presentarsi alle elezioni del 2 aprile 2023 nel vicino paese di Ostelsheim, 2500 abitanti. Si candida come indipendente nelle liste dei Verdi e fa una campagna porta a porta, sfidando due altri candidati, entrambi tedeschi, non affiliati a partiti ufficiali. Vince con il 55,4 per cento dei voti. Il nuovo sindaco di Ostelsheim è probabilmente il primo dei circa 430mila siriani, che tra il 2015 e il 2016 hanno fatto richiesta d’asilo, a essere eletto a una carica ufficiale. In quei due anni cruciali circa 1,2 milioni di persone fecero richiesta di asilo in Germania. Più di 10mila persone arrivate nel 2015 come rifugiati hanno imparato la lingua a un livello tale che consente loro di iscriversi nelle università tedesche. Più della metà di coloro che sono arrivati lavorano e pagano le tasse.

Migranti come risorsa

A metà giugno, Ryyan Alshebl ha preso possesso della carica e medita di trasferirsi nel paesino dove ha vinto le elezioni. Come ha riportato la rete televisiva Zdf, il neo-sindaco ha dichiarato che l’esperienza della campagna elettorale è stata “estremamente positiva” e che Ostelsheim “ha dato un segno di tolleranza e apertura a tutta la Germania”. Ora si appresta a realizzare il programma per cui è stato eletto che include anche il miglioramento dell’assistenza all’infanzia, reintroducendo gli asili nido a tempo pieno. Quando gli è stato chiesto se si sentisse tedesco, Alshebl ha risposto: “Sono molto felice di essere in Germania e voglio davvero servire questo Paese…sento di appartenere alla società di qui”. Anche la città di Francoforte sul Meno, una delle più importanti della Germania, ha eletto ad Aprile un siriano, Mike Josef, appartenente al Partito socialdemocratico ma, a differenza di Alshebl, quest’ultimo si è trasferito a Francoforte alla fine degli anni ’80 del secolo scorso.

Nel Regno Unito il primo ministro è di origine indiana, mentre il sindaco di Londra proviene dal Pakistan. Il Primo ministro della Repubblica d’Irlanda è un medico nato a Dublino ma di padre indiano, mentre la sindaca di Parigi ha la doppia cittadinanza francese e spagnola. In Italia, a quanto si sa, non ci sono casi del genere e da trent’anni l’immigrazione viene vista come una minaccia e non una risorsa, affrontata costantemente con una strategia di emergenza che è estremamente costosa, oltre a essere completamente inefficace. Quanto tempo ci vorrà ancora prima che la nostra inadeguata classe politica si renda conto che, da decenni, il mondo è profondamente cambiato?

 (La mappa della copertina è stata realizzata da Progetto Meltin’ Pot Europa)

 

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