L’Autore ci consente di pubblicare in anticipo un capitolo del volume L’isola del petrolio che sta preparando insieme con altri studiosi. La pubblicazione, prevista per la primavera 2018, sarà realizzata con ERGAM (Eur. Res. Group on Automotive Medicine) ed edita da Agora & Co. (Lugano).

di Aldo Ferrara

Nuovi scenari di geopolitica del petrolio sono in divenire: la destabilizzazione del triangolo mediorientale, l’utilizzo spesso compromesso delle pipelines, la scoperta di nuovi giacimenti spostano il focus on sul Mare Artico dove la concentrazione di impianti per l’estrazione aumenta a dismisura.

Avveniva al Parlamento Europeo nel marzo scorso. I deputati in una risoluzione, co-Relatrice Sirpa Pietikainen, votata il 16 marzo 2017, chiedono norme per salvaguardare il vulnerabile ecosistema dell’Artico, introdurre il divieto di estrazione di petrolio e mantenerlo come zona di cooperazione a bassa tensione.

Il Parlamento sottolinea che i cambiamenti climatici stanno creando nuovi problemi ambientali e di sicurezza, poiché con lo scioglimento della calotta artica si aprono nuove rotte di navigazione e nuove zone di pesca e aumenta la competizione per le sue risorse naturali.

La regione artica è molto sensibile e vulnerabile. Se distruggiamo quest’area sfruttandone le risorse in maniera non sostenibile, non distruggiamo solo una regione unica, ma acceleriamo anche il cambiamento climatico, riduciamo le nostre possibilità di avere acqua pulita e gli effetti sulla riserva ittica saranno devastanti” ha dichiarato la deputata Sirpa Pietikainen (PPE, FI).

I deputati evidenziano che l’Artico si sta riscaldando a velocità doppia rispetto alla media mondiale e che il mare ghiacciato è diminuito in maniera significativa a partire dal 1981, al punto da essere circa il 40% più piccolo rispetto all’estate di 35 anni fa.

I quattro milioni di persone che vivono nella regione artica, più tutta la flora e la fauna ivi presente, sono i primi a subire le conseguenze negative dell’aumento dell’inquinamento. Per tale motivo i deputati ribadiscono che “il vulnerabile ambiente artico e i diritti fondamentali dei popoli indigeni devono essere rispettati e protetti con salvaguardie più rigorose”.

Chiedono inoltre di vietare “trivellazioni petrolifere nelle acque ghiacciate artiche dell’UE e del SEE”, come pure l’utilizzo di combustibili fossili che potrebbe accelerare ulteriormente il cambiamento climatico. Inoltre, hanno reiterato la loro richiesta del 2014 di bloccare l’uso di olio combustibile nei trasporti marittimi nel Mar Artico. Se ciò non fosse possibile, data la situazione internazionale, la Commissione dovrebbe creare delle norme che proibiscano l’uso e il trasporto di olio combustibile (HFO) su navi dirette verso i porti dell’UE.

Area a bassa tensione

Il co-relatore Urmas Paet (ALDE, ET) ha dichiarato: “L’importanza geopolitica dell’Artico sta crescendo. Il nostro scopo principale è di mantenere la regione come un’area di bassa tensione e non bisogna evitare la militarizzazione dell’Artico”.

I deputati evidenziano la crescente presenza di forze armate russe nell’Artico, che dal 2015 “hanno fondato almeno sei nuove basi a nord del Circolo Polare Artico, inclusi sei porti in acque profonde e 13 aerodromi”. Inoltre, notano il crescente interesse della Cina nell’accesso a nuove rotte commerciali e a nuove risorse energetiche.

Sottolineando gli sforzi per mantenere l’Artico una zona a bassa tensione, evidenziano “il ruolo importante del Consiglio Artico” nel “mantenere una cooperazione costruttiva, bassa tensione e stabilità” nella regione.

La risoluzione è stata approvata con 483 voti in favore, 100 contrari e 37 astensioni. (http://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20170308IPR65674/artico-vietare-l-estrazione-di-petrolio-e-ridurre-le-tensioni). Possiamo anticipare che detta risoluzione non avrà seguito alcuno. Infatti…

Cosa accade in Norvegia.

Nel frattempo la Norvegia non limita le licenze esplorative di petrolio e gas nel Mare di Barents e delinea nuovi limiti territoriali dell’esplorazione. Questa dovrebbe avvenire solo nelle zone marine prive di ghiaccio, lontano dalle aree ghiacciate nei mesi invernali. A causa del riscaldamento globale, è lo stesso scioglimento dei ghiacci che rende incerta ogni definizione. Tanto che il governo di Oslo potrebbe dare concessioni esplorative anche in acque prima proibite, essendo il confine delle acque ghiacciate elastico per via degli scioglimenti.

Dunque è ancora da acquisire la definizione di “Icy Arctic Water” che appare vaga circa il confine della regione artica: aree a nord e 50 km a sud dei confini del ghiaccio, (“acque artiche ghiacciate”).

Secondo l’IMO (International Maritime Organization) dell’Onu e il Polar Code, “il confine dell’Artico corre dall’isola Bear nell’Arcipelago delle Svalbard fino a Capo Kanin in Russia. Quella mappa appare dunque in pieno contrasto con le concessioni petrolifere approvate dalla Norvegia perché in palese violazione di questa definizione”.

Intanto il Norvegian Petroleum Directorate (NPD)…

Il Dipartimento appare molto attivo e non affatto avaro di notizie con un report mensile dal quale si desumono i dati principali dell’estrazione nella Regione Artica. I dati ufficiali sulla produzione di ottobre 2017 mostrano una produzione giornaliera media di 1.901.000 barili di petrolio, NGL e condensato, che è un aumento di 141.000 barili al giorno rispetto a settembre. Ecco cosa è in gioco!

(fonte: NPD Norvegian Petroleum Directorate)

Come si vede una produzione di alta consistenza estrattiva e ampia giacenza residuale. Secondo il NPD, la riserva potrebbe ammontare a 17 miliardi di barili di petrolio e gas, pari al 65% delle risorse non ancora scoperte della Norvegia.

Chi si aggira nel Mare Artico?

Statoil, la Compagnia norvegese, Lundin e OMV hanno già realizzato scoperte per oltre un miliardo di barili nel Mare di Barents dal 2010, e la nostra ENI sin dal 2016 ha iniziato le estrazioni di petrolio da Goliat, la prima piattaforma della zona. Ma la lista si allunga di giorno in giorno, vista la continua richiesta e la volontà del Governo norvegese di soddisfare tutti. L’area, come si vede, è prevalentemente esposta verso il versante russo e quindi appare logica la presenza di Gazprom e Rosneft. Secondo quest’ultima, che ha avviato perforazioni nel mare di Laptev, Artico Orientale, in quell’area sarebbe sepolto il 30% del gas ancora presente sulla Terra e il 13% del petrolio. Secondo Lorenzo Vita, il mare di Laptev, un tempo inesplorato, oggi è divenuto terra di esplorazione sottomarina vuoi per la ritirata e lo scioglimento dei ghiacci “vuoi perché il Golfo di Chatanga è tra i luoghi meno accessibili nell’Artico russo. Situato a est della penisola di Taymyr, la zona di licenza è aperta per la navigazione solo due mesi nell’anno. Le stime dei ricercatori sul prossimo futuro dimostrano come sia possibile che questi periodi di navigazione aumenteranno, rendendo più facile il collegamento con il continente. La Russia è consapevole che l’Artico è una sfida cui non può giungere impreparata. La strategia di Mosca è di riuscire a sfruttare il più possibile l’eventualità di un progressivo aumento delle temperature unito alle scoperte scientifiche utili allo sfruttamento delle risorse artiche. Condividiamo, con lo stesso Vita, la prospettiva che anche mercati asiatici si rivolgano al petrolio artico, data la confusione che regna sovrana nello scacchiere eurasiatico-mediorientale. India e Cina ben presto si rivolgeranno alla Russia per utilizzare quelle che sembrano riserve inesauribili.

Non mancano gli attivisti di GreenPeace che hanno provveduto all’occupazione della piattaforma petrolifera “Transocean Spitsbergen” ma che per le Società non saranno mai un problema. Davide contro Golia? Già, appunto chi è Goliat?

Chi è Goliat

A 80 km dalle coste norvegesi di Hammerfest, nel punto più alto della Norvegia, Goliat è una opera dell’ENI, una piattaforma circolare che stazza ben 64 mila tonn. Atta all’estrazione di 100 mila barili al giorno, appartiene a una joint tra StatOil norvegese al 35% e all’ENI Norge che ne possiede il restante 65% (/fonte: NPD Norvegian Petroleum Directorate).

Ma i competitor non mancano come si vede dalla cartina dello scacchiere, del Norvegian Petroleum Directorate.

Un’area dunque che, malgrado le temperature rigide, si sta scaldando mentre più a Ovest gli USA cercano di installare postazioni quanto meno di controllo,come afferma sul New York Times Andrew Higgins (articolo del 13 giugno 2017). Gli USA hanno installato e potenziato un sistema radar su un’isola in vista della penisola di Kola, un gelido territorio russo costellato di basi navali ad alta sicurezza e zone militari, con alta densità difensiva. Sembra ritornare ai tempi di un vecchio film “Base Artica Zebra”!

Come trasferire da quell’area lontana il petrolio? Con le petroliere ad alta capacità. E infatti, ritenute obsolete nei decenni scorsi, stanno tornando di moda. La stessa Russia si sta attrezzando: servono rotte sicure e petroliere ad hoc.

La rotta del Mare del Nord è quella più breve e consente il passaggio dall’Atlantico all’Oceano Pacifico attraverso il lato russo del Circolo Polare Artico. Seguendo questa direttrice, il tempo di trasporto dalla Cina all’Europa si riduce di almeno 12 giorni rispetto alla tradizionale rotta del Canale di Suez. Ma, mentre negli anni scorsi era possibile solo in alcuni mesi dell’anno, oggi il riscaldamento globale consente alle navi di attraversare la rotta del Mare del Nord tutto l’anno.

A controprova, la petroliera russa Christophe de Margerie (il nome francese la dice lunga sullo shopping russo in tema di shipping) ha completato il suo primo viaggio commerciale, consegnando gas naturale liquefatto (LNG) attraverso la rotta del Mare del Nord dalla Norvegia alla Corea del Sud, nel tempo record di sei giorni e mezzo. Malgrado la nave fosse costretta a passare attraverso i campi di ghiaccio spessi 1,2 metri, come riferisce Industry News (24 agosto 2017): “Russian LNG Tanker Navigates Arctic Sea Route in Record 6.5 days”, la velocità media è stata di oltre 14 nodi.

Insomma si stanno aprendo nuovi scenari in cui la nostra flotta di petroliere dovrà inserirsi.

Bbliografia

Eni ha iniziato a estrarre petrolio nell’Artico, il post, 14 marzo 2016

Alfieri M. Il Gigante Goliat, Enitoday, 2016

Ferrara A. et al. La vita al tempo del petrolio, Agorà&Co ed, Lugano 2017

Higgins A. On a Tiny Norwegian Island, America Keeps an Eye on Russia, New York Times, June 13, 2017

Holter M. Where the Arctic Oil Industry Is Booming, Climate Changed, Bloomberg, 03 maggio 2017

Oil Industry News, La nave cisterna russa LNG naviga nella rotta del Mar Glaciale Artico in Record 6.5 giorni, 24 agosto 2017

Vita L. La Russia riscopre l’Artico. Occhi della guerra, 07 luglio 2017

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Aldo Ferrara. Professore f.r. di Malattie Respiratorie negli Atenei di Milano e Siena. Componente del CTS Agenzia Controllo e Qualità SSPPLL di Roma. Chief Manager dell'European Res. group on Automotive Medicine.

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