Il land grabbing (traducibile in italiano come accaparramento della terra o dei terreni), è una controversa questione economica e geopolitica, venuta alla ribalta nel primo decennio del XXI secolo, che riguarda gli effetti di pratiche di acquisizione su larga scala di terreni agricoli in paesi in via di sviluppo, mediante acquisto o affitto di grandi estensioni agrarie da parte di compagnie transnazionali, governi stranieri e singoli soggetti privati. Sebbene il ricorso a simili pratiche sia stato largamente diffuso nel corso della storia umana, il fenomeno ha assunto una particolare connotazione a partire dagli anni 2007-2008, quando l’accaparramento di terre è stato stimolato e guidato dalle conseguenza della crisi dei prezzi agricoli di quegli anni e dalla conseguente volontà, da parte di alcuni paesi, di assicurarsi le proprie riserve alimentari, al fine di tutelare sovranità e sicurezza in campo alimentare. Il land gabbing è riconducibile al land banking.
Il fenomeno del land grabbing può essere foriero tanto di buone opportunità quanto di rischi: da un lato, le acquisizioni possono garantire un’iniezione di preziose risorse per investimenti, in realtà economiche in cui queste ultime sono scarse e necessarie; d’altro canto, esiste il rischio concreto che le popolazioni locali perdano potere di controllo e di accesso sulle terre cedute e sulle risorse naturali collegate alla terra e ai suoli, come, ad esempio, l’acqua. Risulta cruciale assicurare che le acquisizioni siano realizzate in modo da minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità.

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