Di Damiano Mazzotti

Contro Golia. Manifesto per la sovranità democratica” è un saggio fluido, limpido e denso che ci permette di comprendere a fondo la natura anche spirituale della profonda crisi della democrazia liberale (Geminello Preterossi dialoga con Gabriele Guzzi, https://www.rogasedizioni.net, Roma, novembre 2020, 171 pagine, euro 15,70).

Il linguaggio essenziale e preciso di questo testo facilita la comprensione di temi complessi e solitamente inficiati da pregiudizi e partigianerie di ogni specie, che servono quasi sempre a giustificare gli affari dei politicanti e le politiche degli affaristi. In effetti le ribellioni, che vediamo spuntare come i funghi di tante esplosioni sociali, indicano la quasi scomparsa della tutela della sovranità popolare in quasi tutte le nazioni occidentali. I principali diritti civili sono stati repressi anche perché la stragrande maggioranza dei magistrati ha preferito infilare la testa sotto la toga.

Il finanzcapitalismo, il fondamentalismo della tecnocrazia del libero mercato, l’europeismo elitario, la comunicazione infantilizzante dei media foraggiati dalle oligarchie multinazionali hanno ridotto quasi a zero il capitale morale, intellettuale e sociale delle classi dirigenti. La fiducia dei cittadini è la base del tessuto sociale delle comunità e quando viene a mancare risulta inevitabile le scontro sociale più o meno violento tra i gruppi sociali privilegiati e quelli troppo svantaggiati. Una filosofia politica sana è alla base di qualsiasi azione politica vantaggiosa per tutta la società. Non esiste nulla di più pratico di una buona teoria. E i buoni risultati si ottengono quando le classi dirigenti agiscono con onestà intellettuale e morale, bilanciando sapientemente gli interessi e i diritti delle classi sociali e dei vari soggetti politici. Un piccolo esempio attuale: un minorenne non dovrebbe diventare un ostaggio di Stato, attraverso l’utilizzo di tecnicismi e cavilli legali sanitari abusanti.

L’autonomia dell’agire politico a tutela della comunità nazionale dovrebbe essere sempre prevalente “rispetto a qualsivoglia potere indiretto. Nella storia, questi poteri antidemocratici sono variati molto… Se prima infatti poteva esserci l’invadenza politica della Chiesa, oggi abbiamo poteri economici e finanziari che minano l’autonomia della decisione politica” (Preterossi, p. 7). Probabilmente già nel corso del prossimo anno scopriremo che “le nazioni sono ancora oggi l’unico terreno storico e simbolico dove la democrazia esiste e può diventare sostanziale” (Guzzi, p. 16), e che “l’attuale capitalismo finanziario è poco compatibile con la classe media… le democrazie sostanziali vivono di classe media, anzi promettono a tutti di potersi riconoscere in una situazione intermedia, che non è quella di chi ha un potere economico spropositato né di chi è escluso dalla vita sociale ed economica” (Preterossi, p. 13).

A quanto pare la democrazia liberale è stata colpita da un fenomeno morboso simile “al carattere biologico di una malattia autoimmune” (Guzzi, p. 9). Il punto di svolta è stato per molti la caduta del muro di Berlino e la decadenza del comunismo: “il venir meno della minaccia sovietica ha fatto venir meno anche un fattore di stimolo per le democrazie liberali” (Preterossi, p 9). Le libertà economiche abbinate al welfare state avevano garantito una superiorità quarantennale al blocco occidentale. L’economia di stampo keynesiano aveva dato i suoi frutti migliori in tutti i paesi. Oggi si tratta di decidere se vogliamo servire una repubblica di burocrati e di tecnici affaristi, oppure se vogliano ricreare la Repubblica dei Cittadini basata sulla Libertà, sull’Uguaglianza, sulla Giustizia.

Del resto la gestione politica dell’economia basato sulla tecnica non è neutrale, ma implica sempre una visione delle cose predeterminata. La tecnica è “la forma più surrettizia e arbitraria di ideologia” (Guzzi, p. 66). La piena occupazione non è mai gradita ai grandi imprenditori, poiché rafforza il potere contrattuale dei lavoratori nelle relazioni con il grande capitale… Secondo Michal Kalecki la classe imprenditoriale è disposta – ed è ciò che accadde con l’Euro – a vedersi diminuire il tasso di profitto, a causa della minor crescita dell’economia, per difendere o aumentare la quota profitto, ossia la parte di prodotto complessivo che va agli imprenditori [guadagno a breve termine]. L’attrazione fatale della classe business è stata proprio questa: accettare di rinunciare alla crescita per domare le rivendicazioni salariali, e per aumentare così la propria quota di potere nella distribuzione e nell’organizzazione della produzione” (p. 61). Inoltre la cultura tecnocratica italiana è basata sull’avversione “anti-popolare, persino odio di classe, nei confronti di ampi strati popolari, visti come rozzi e come portati naturalmente alla corruzione” (Preterossi, p. 65). In effetti la classe dirigente evita di pensare a se stessa proiettando i difetti.

In ogni caso risulta veramente difficile fare qualche tipo di previsione sugli scenari democratici e antidemocratici futuri. La mia mente appoggia pienamente il parere di un grande politologo morto nel 2017: “Il mondo è diventato così complicato che sfugge alla comprensione anche degli esperti” (Giovanni Sartori). Del resto “il pensiero globalista ha seriamente creduto alla rimozione di alcune sfide fondamentali dell’essere umano: quelle della violenza, dei bisogni identitari, di protezione sociale e poi dell’intera dimensione della politica” (Preterossi, p. 11). Il capitalismo acritico è una forma di gestione economica poco scientifica e insostenibile nel lungo termine.

Chissà cosa avrebbe detto il professor Giovanni Sartori oggi, davanti a molte trasformazioni davvero complesse della società italiana e occidentale. A questo punto forse sarebbe meglio rivolgere la nostra attenzione a un politico italiano, che nella coscienza nazionale non è mai morto: “Si precisa come al singolo, o alla collettività, spetti la resistenza contro lo Stato, se esso avvalendosi della sua veste di sovranità, tenta di menomare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalle leggi” (Aldo Moro, seduta per la Costituzione di martedì 3 dicembre 1946).

Come disse Salvador Allende, “Noi vivremo in eterno in quella parte di noi che abbiamo donato agli altri”. E vivremo meglio se notiamo e promuoviamo le cose buone degli altri. La vera democrazia è sempre un processo dialogico parlamentare basato sulla gestione di piccoli conflitti sociali, per evitare la degenerazione dei grandi conflitti civili in conflitti incivili estremi. A mio avviso questo saggio sembra anche profetizzare un super sinisdramma europeo e italiano. In effetti, ai suoi tempi, Vladimir Majakovskij affermò che “in una nave che affonda gli intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane” (citato da Guzzi a p. 146).

Geminello Preterossi ha svolto gli studi universitari presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Insegna Filosofia del diritto presso l’Università di Salerno, dove coordina il Collegio di Dottorato in Scienze giuridiche. È direttore di studi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli (https://www.iisf.it). Ha scritto una decina saggi : www.ibs.it/libri/autori/geminello-preterossi. Tra le altre cose dirige una rivista avanguardista: https://www.lafionda.org/author/nellopreterossi.

Gabriele Guzzi è dottorando di Economia Politica all’Università Roma Tre. Si è laureato alla Luiss e all’Università Bocconi ed è stato presidente di Rethinking Economics (https://www.rethinkecon.it). Attualmente è un esperto economico al servizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e scrive sulla rivista accademica eclettica La Fionda (www.lafionda.org/author/gabriele-guzzi).

Nota aforistica – “L’unica funzione delle previsioni economiche è far apparire l’astrologia rispettabile” (John Kenneth Galbraith); “La speranza non è ottimismo, “ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come finirà” (Vaclav Havel); “Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti” (Eraclito); “La mente scientifica non è tanto quella che fornisce le risposte giuste, quanto quella che pone le domande giuste” (Claude Lévi-Strauss); “Se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera” (George Orwell); Oggi la democrazia è una messinscena per far credere ai cittadini di contare ancora qualcosa (Jean Peyrelevade, economista liberale francese; la forte crescita dell’astensione dal voto in varie nazioni supporta la sua teoria).

Nota scientifica – “Una delle cose più cretine in assoluto che si sentono dire di questi tempi è “Io credo nella scienza”. Se la scienza fosse una questione di credo si chiamerebbe religione. Invece si tratta di mettere sempre in discussione, di dubitare e di verificare che dietro un’ipotetica causa non ci sia un bel giro di soldi” (Karl Popper, filosofo della scienza morto nel 1994). E un grande divulgatore molto simpatico affermò: “La scienza è credere nell’ignoranza degli esperti” (http://www.richardfeynman.com/about/bio.html). D’altra parte lo scientismo adora la scienza, mentre la filosofia ama l’apertura mentale della conoscenza. Comunque per trovare una risposta abbastanza scientifica alla definizione di democrazia vi lascio l’opportunità di approfondire dei video: https://www.youtube.com/watch?v=UzWpog6TBZg (intervista alla regista Astra Taylor, 2019); https://zeitgeistfilms.com/film/whatisdemocracy (sintesi del documentario e spezzoni ); https://www.youtube.com/watch?v=aC4SmbNkDZE (documentario integrale in lingua inglese).

Nota meditativa – Un fisico americano premio Nobel chi ha lasciato una testimonianza magistrale sull’operatività intellettuale: “Il problema non è che le persone siano ignoranti. Il problema è che le persone sono istruite quel tanto che basta per credere a ciò che è stato a loro insegnato e non abbastanza istruite per mettere in dubbio qualsiasi cosa di ciò che è stato insegnato a loro” (Richard Feynman, https://www.agoravox.it/Dick-Feynman-Le-battute-di-uno.html). Il fisico americano è stato anche un grande divulgatore: https://laviadialbireo.it/richard-feynman; https://sciencecue.it/richard-feynman-fisico-teorico/20990. Per quanto riguarda il ruolo dell’umore nel giudizio intellettuale posso aggiungere questa riflessione: “Il pessimismo è pericoloso solo se induce alla resa; ma altrimenti il male lo fa l’ottimismo e il tranquillismo che inducono a non far niente” (Giovanni Sartori). Mentre per quanto riguarda la saggezza mi sembra utile citare anche Sigmund Freud: “Se davvero la sofferenza impartisse lezioni, il mondo sarebbe popolato da soli saggi. E invece il dolore non ha nulla da insegnare a chi non trova il coraggio e la forza di starlo ad ascoltare”. E per finire in bellezza cito pure Oscar Wilde: “Un’idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea”.

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