A distanza di sei anni le conseguenze della crisi finanziaria in Europa purtroppo sono state più profonde rispetto ad altre parti del mondo, compreso gli Stati Uniti. La necessità del sistema bancario europeo di deleveraging, cioè di diminuire il livello di debiti, combinata con altre azioni di “prudenza” e con regole imposte dalla Commissione europea, ha portato ad una drastica riduzione dei crediti verso le industrie ed in particolare verso le Pmi del Vecchio Continente.

Prima della crisi finanziaria, la gran parte del credito e della raccolta di capitale per le industrie europee, comprese le Pmi, passava attraverso il sistema bancario. Si ricordi che le Pmi rappresentano circa il 60% del Pil e poco meno del 70% dell’occupazione dell’Ue. Si può ritenere che tutto sommato il sistema abbia funzionato bene almeno fino a quando le banche hanno mantenuto la loro mission, cioè quella della concessione del credito per gli investimenti e per lo sviluppo.

E’ noto che le Pmi e le stesse imprese medio-grandi europee dipendevano per l’80% dal credito bancario. Negli Stati Uniti e nell’UK invece esse raccoglievano il capitale soprattutto attraverso il mercato e la Borsa.

Un tale ruolo centrale delle banche europee nel finanziamento di medio e lungo termine ha però subito dei significativi cambiamenti, non sempre positivi. Nel 2010, mentre le banche americane avevano attivi per 8.600 miliardi di euro, pari all’80% del Pil Usa, quelle europee contavano attivi per 42.900 miliardi di euro, pari a 350% del Pil della Ue.

E’ certamente vero che la Fed ha introdotto nel sistema una quantità enorme di liquidità di cui presto o tardi si pagherà il conto. Ma è altrettanto vero che il governo americano ha contemporaneamente emesso ben 200 miliardi di Build America Bond, obbligazioni per finanziare veri investimenti in infrastrutture. In Europa invece, dopo tante discussioni sui Project Bond, non vi è stato alcun risultato concreto.

Nonostante la politica del tasso zero e dei finanziamenti super agevolati al sistema bancario praticata dalla Bce, le banche sono totalmente “ingessate” e hanno sostanzialmente bloccato il credito agli investimenti, alle Pmi e alle famiglie.

Di conseguenza, in modo più grave in alcuni Paesi come l’Italia, il credit crunch sta di fatto bloccando la ripresa. Perciò attualmente il rapporto tra i prestiti ai clienti e il totale degli attivi delle 10 maggiori banche europee è sceso sotto il 30%.

Mentre le grandi industrie possono rivolgersi al mercato dei capitali o attingere ai fondi propri, le Pmi sono abbandonate a se stesse. Inoltre, come più volte da noi sottolineato, con l’introduzione del sistema di high frequency trading, cioè con le transizioni ad alta frequenza guidate da algoritmi matematici, nei mercati finanziari si è determinata una concorrenza selvaggia a discapito degli operatori regolamentati. Sono sorte nuove piattaforme globalizzate che hanno indebolito i mercati nazionali regolamentati e hanno conquistato in breve tempo il 40% di tutte le transazioni favorendo l’introduzioni di prodotti derivati altamente rischiosi anche se remunerativi.

In Europa per rispondere alla progressiva globalizzazione e americanizzazione dei mercati dei capitali si era creato la Euronext, cioè il coordinamento delle borse di Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Lisbona. Nel 2007 essa però venne acquisita dalla New York Security Exchange, la borsa di Wall Street.

Successivamente un tentativo della Borsa tedesca di acquisire la NYSE-Euronext, ormai diventata americana, fu bloccato dalla Commissione europea contraria ad ogni forma di monopolio. Invece oggi essa è stata acquisita dall’americana InterContinental Exchange (ICE) che da sempre domina il mercato delle commodity, dei futures sul petrolio e simili. Altro che monopolio! E’ davvero singolare che si sia ostacolata l’acquisizione succitata per evitare una concentrazione monopolistica in Europa, e lo si sia consentita in misura ancora maggiore a questa nuova super borsa globalizzata americana.

Nel 2014, si badi bene, questa nuova entità dovrebbe acquisire dalla British Bankers Association il diritto di definire il Libor, cioè il tasso di interesse di base per tutte le altre transazioni finanziarie. Nel tal caso avrebbe un potere finanziario senza precedenti. Si ricordi lo scandalo delle manipolazioni del Libor e delle truffe miliardarie operate dal sistema della banche “too big to fail” che sono ancora oggetto di diversi indagini.

In definitiva riteniamo che la sopravvivenza e il rilancio delle imprese europee richiedano la creazione di una Borsa Europea per le Pmi in grado di fornire loro i capitali necessari. Una Borsa non globale ma “di vicinanza” ai bisogni e alle richieste delle imprese.

Mario Lettieri*  Paolo Raimondi **

*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi  **Economista

 

_________________________________________________________________________

Pubblicazione gratuita di libera circolazione. Gli Autori non sono soggetti a compensi per le loro opere. Se per errore qualche testo o immagine fosse pubblicato in via inappropriata chiediamo agli Autori di segnalarci il fatto e provvederemo alla sua cancellazione dal sito