«Originale!». L’esclamazione mi uscì spontanea. Stavo passeggiando nel parco e era una giornata splendida. Primavera inoltrata, ma già col sole che picchiava faceva parecchio caldo e il cielo era tutto pulito, limpido, chiaro senza uno straccio di nube e, nell’aria, manco un refoluccio di vento. Ma lì, tra prati fioriti e alberi le cui floride fronde avevano ormai dimenticato la secchezza spoglia dell’inverno, quella donna appariva come qualcosa di assolutamente straordinario. Di età non ben definibile, giovane ma non giovanissima, bella ma di quella bellezza tranquilla in cui l’aspetto sessuale, pur presente ed evidente, non si sovrappone sfacciatamente come avviene per certe persone in cui smaccato è il desiderio di assorbire l’altro nelle spire della propria intimità. Una bellezza che si potrebbe dire scultorea, se mai vi fossero sculture vive che respirano e illuminano tutto attorno col vigore di occhi tanto brillanti quanto pacati: paghi del loro essere, non desiderosi di imporsi o di attirare l’altrui sguardo.
Insomma potrei perdermi nel vano tentativo di rendere una bellezza tanto straordinaria da apparire desiderabile quanto altre mai, ma allo stesso tempo talmente consapevole e paga di sé medesima da chiarire con assoluta immediatezza la sua appartenenza a una dimensione inattingibile, come se fosse estranea al vivere comune. E tuttavia non lo era, anzi era vicina, aperta, pronta al dialogo: di quelle persone con le quali risulta naturale darsi del “tu” non per l’usanza dilagata oggi di tuizzare tutto e tutti, ma per l’inconsueta disponibilità al dialogo che ogni aspetto della persona trasmetteva.
Se così non fosse stato, la mia connaturale ritrosia mi avrebbe trattenuto dal produrmi in un’esclamazione che avrebbe potuto persino suonare, se non proprio offensiva, almeno inappropriata se rivolta a un’estranea di cui non sapevo nulla. Ma c’era pure quest’altro aspetto: la donna era di quelle che ti paiono subito familiari. Come se l’avessi già vista da qualche parte, anzi, come se l’avessi sempre conosciuta pur non avendola mai vista prima.
Fatto sta che l’esclamazione mi uscì spontanea: «Originale!». Detto proprio al suo indirizzo, come se avessi inteso allacciare con lei una conversazione. Non era questa la mia intenzione, ma la mia inconsueta spontaneità assomigliava un poco a quella di coloro che sono adusi ad allacciar bottone con altri per secondi fini: i venditori abili nell’imbastire racconti atti a far apparire desiderabile la merce che offrono, i politici sempre disponibili a stringere mani e sorridere avendo in mente la messe di consensi in vista delle prossime tornate elettorali, i ganzi sempre alla ricerca di partner con cui mettere alla prova le loro doti amorose…
Be’, insomma, essendo tutto questo lontano mille miglia dalla mia persona, quasi mi sorpresi da solo quando mi uscì di bocca la parola indirizzata alla dama che mi si trovava vicina. E la cosa sarebbe morta lì, ma lei, schiudendosi in un sorriso dolce e ironico ad un tempo, rispose, come a spiegare a uno zuzzurellone sbadato: «Non direi proprio, anzi quanto di più ovvio e appropriato!».
Aggiungendo poi subito in implicita risposta allo sguardo interrogativo che subentrò in me all’udire la sua osservazione: «È un ombrello, no? Non un parapioggia».
Ecco – pensai – la tipica bacchettona che nasconde dietro ad atteggiamenti incongrui con l’età, col tempo corrente e con le usanze, la sua visione retrò da zitellona persa nelle nebbie di un passato affogato nei libri e incapace di godersi gli aspetti giocosi della vita. O magari una designer che si vuol fare pubblicità e, conscia degli inevitabili corsi e ricorsi che subisce la moda nel tempo, riprende costumi vecchi di uno o più secoli sperando di essere considerata tra i capostipiti di tendenze apparentemente nuove.
E allora, visto che comunque la donna aveva un fascino tutto particolare e appariva così inconsuetamente alla mano, non potei che accondiscendere «Vero, nulla di meglio per ripararsi dal sole… anche se oggi non si usa molto farlo con un ombrello bordato con ricami». L’aggiunta in coda ovviamente la feci per darmi un contegno, e perché in fondo mi sentivo lusingato dal fatto che la donna rispondesse. In ogni scambio o incontro c’è sempre la possibilità di apprendere qualcosa di nuovo, o almeno di intrattenersi piacevolmente con altri in carne e ossa, ché in questi tempi di internet e social l’incontro de visu è merce sempre più rara.
Fatto sta che da lì la conversazione si dipanò leggera e facile. Meglio l’ombrello che non ti si appiccica addosso come gli abiti per leggeri che siano; la zona d’ombra crea un microclima, ti consente più facilmente di guardare attorno senza necessità di schermarti gli occhi; in Cina e Giappone gli ombrelli sono sempre stati usati per tale funzione, ecc.
E negli scambi verbali poi uno si chiede: ma che accento ha questa qua? Perché di solito qualche modulazione dialettale resta appiccicata in chiunque e ne denuncia la provenienza. Questa invece non aveva inflessione alcuna.
«Oh, io vado in giro – disse rispondendo alla domanda che non le avevo fatto – sono una cittadina del mondo. E questo mi consente di prendere il meglio dei costumi e delle usanze. Li seleziono con cura» aggiunse con furbesco tono di complicità.
Chiarita la non-provenienza, non restavano che le presentazioni. «Piacere, sono la Scienza» disse tendendo la mano per il saluto che sancisce lo scambio di nomi, al che non potei che rispondere io pure enunciando il mio mentre mi dicevo incredulo “ammappete nienetepopodimeno” e a lei risposi tentando un poco di ironia: «Cavolo! La persona più famosa di questi tempi, ovunque citata…». Eh già: fai parlare la Scienza!, lo dice la Scienza!, ascoltate la Scienza!… qualsiasi sito web si squaderni, qualsiasi mass media si compulsi, eccoti righe intrise di richiami alla voce di ‘sta signora. E ora eccomela qua, in carne ossa e ombrello, dardeggiante sicura con sovrana eleganza pur nel contesto informale in cui ci si trovava.
Ma insomma, che glie ne pare di tutta questa fama? «Ma va!», sminuì subito. «Io non c’entro proprio nulla. Chi parla sono sempre singole persone con le loro opinioni. Viviamo – vivete voi terricoli – nella doxocrazia. Io non c’entro proprio nulla. È quella zuccona scimunita della mia cugina, l’Opinione, sorella dell’Illusione, che ama farsi passare per scienza».
Poveretta, soggiunse poi come parlando tre sé e sé, non che lo faccia con malvagità, anche se alle volte ci mette pure quella. È che viene più facile. «Che fatica si fa?» soggiunse con tono di sfida non disgiunta da un che di perplessità non priva di uno scetticismo di fondo.
«La gente cerca sempre certezze e siccome non ama starsi a lambiccare il cervello, e com’è noto preferisce sempre seguire l’onda – l’ha detto così bene Dante descrivendo le masse di ignavi che corrono al seguito di una bandiera che fugge or in una or in altra direzione lungo le rive dell’Antinferno – una volta che mi hanno presa a modello di Verità, basta che qualcuno innalzi una bandiera in cui pare plausibile sia stampato il mio nome, e tutti si gettano dietro a seguirla. Cosa tanto più ridicola, perché così facendo sono tutti convinti di star facendo l’interesse loro proprio mentre nella stragrande maggioranza dei casi non fanno neppure l’interesse di chi sventola quel vessillo. Per il semplice fatto che anche costui è un illuso. Sembra più facile, in realtà è semplicemente più stupido. È un inganno: e gli inganni cominciano dall’uso delle parole. Ombrello fa ombra ma si usa come parapioggia… ci si abitua a inganni innocui, e poi si accettano inganni che innocui non sono più».
OK ma queste sono genericità, notai, van bene per qualsiasi momento, è sempre stato così nella storia: lo dimostra la stessa citazione dantesca. La questione però è che oggi, borbottò rispondendo quasi con noncuranza la Scienza, il fenomeno massmediale ingigantisce le questioni e questo attiva un circuito a retroazione positiva tra opinione di massa e opinione di élite nel cui ambito la verità viene compressa con forza decisamente inusitata.
Sta pensando al problema climatico, il riscaldamento globale? Chiesi. «È questo il caso più evidente e diffuso al giorno d’oggi – rispose lei – e l’analisi prevalente non è priva di fondamenti scientifici. Ma il problema è che l’opinione dominante e l’uso diffuso dei richiami alla mia autorità in modo impersonale, cioè senza distinguere tra la verità assoluta e l’opinione di singoli scienziati, per numerosi che siano, ha generato un ambiente che assume le tinte di un movimento ideologico. E così c’è chi fa ricadere tutto quanto avviene sotto questa categoria del riscaldamento globale, e la maggioranza è sicura al 100 per 100 delle cause che lo generano, e in questo non tengono conto della più vasta complessità del problema. Poi, beninteso, anche questo modo di procedere ha pure i suoi vantaggi, in quanto spinge a raffrenare l’inquinamento diffuso e questo non può che far bene all’ecosistema. Ma parlare di Scienza in modo assoluto è abusivo. Siamo sempre di fronte a affermazioni di singoli gruppi che vengono assunti come verità assolute. Qui sta il prevalere delle mie cugine, Illusione e Opinione. E quando loro prevalgono, si introduce sempre l’errore».
Le stanno proprio antipatiche… «Sono perfide, infide, e capaci di avvinghiarsi ovunque, facendo leva sul narcisismo delle persone o sulla loro indolenza».
E allora che cosa ci vuole per risolvere il problema del riscaldamento globale? «Questo».
Ecco, qui rimasi interdetto. “Questo” che razza di risposta è? «Ci vuole di non smettere di fare domande, non illudersi di aver trovato la risposta o le risposte: al plurale. Un problema complesso è probabile che richieda risposte complesse. E quello climatico è uno dei problemi più complessi che ci siano. Forse il più complesso tra quelli affrontati sinora. Soprattutto bisogna smetterla di dire che “la Scienza” ha detto certe cose. Io non ho detto proprio nulla. Io mi limito a cercare risposte e non mi ritengo soddisfatta sinché non le ho ottenute: chiare, univoche, irrefutabili e provate al di à di qualsiasi dubbio. Sinché queste condizioni non si danno, solo gli abusivi e gli illusi usano il mio nome».
Quindi ora qual è la risposta? «Continuare a cercare, non illudersi di aver trovato la risposta definitiva, procedere intanto con procedure che cerchino di mettere fine a vizi e problemi evidenti ma operando con prudenza e con misura. Io comunque mi occupo solo del primo aspetto, la ricerca. Il resto lo lascio all’altra mia cugina, Tecnologia, che si occupa meglio di me di quanto attiene alle applicazioni pratiche. E anche lei ha le sue belle gatte da pelare, con la superficialità e la mancanza di prudenza che contraddistingue l’agire affannoso cui si è abituato il mondo da quando hanno posto lei (e pure me) sul piedistallo dove una volta stava la Religione».
Sembrava quasi infastidita. «Certo che lo sono – come già prima, rispose alla domanda che non avevo fatta – il mio compito, ben prima di dare risposte, è fare domande. Ben prima di diffondere certezze, è sollecitare il dubbio. Non è questo che avviene oggi quando il mio nome è usato a piene mani per giustificare cose con le quali ho ben poco a che fare… Ah ma ora devo andare».
Sorrise guardando verso la strada che porta al parco. Era appena arrivato uno con un tandem che sembrava vecchio di più di un secolo. «È mio cugino, il Dubbio. Mi aspetta per la nostra pedalata quotidiana – disse allegra – Magari ci si rivede un giorno…». Certo, a rivederci, è stato un caso per me fortunato, dissi io nel salutarla mentre a passi leggeri si avviava verso l’attempato biciclo. Si voltò un attimo: «No, non ci sono casi. Il caso è quel che tirano fuori quando non sanno come spiegare qualcosa. Lasci perdere, anche questo non ha nulla a che fare con me, per quanto lo usino tanto da qualche decennio…». E poi tra sé e sé, mentre si allontanava «Ci vuole pazienza con ‘sta gente. Più si pensano grandi, scienziati, filosofi, leader mondiali, sicuri di sé e più sono delle gran teste di…». Ma ormai aveva inforcato il tandem e col cugino stava pedalando via. Così non sentii l’ultima parola.
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Molto pertinente
Oggi si parla di scienza con grande superficialità chiamando scienza anche le balle più sfacciate. Oggi ignorantoni che non sono certamente socratici si autodichiarano scienziati.
Meno male che ci sono ancora bambini che urlano che il re è nudo.