Un’interessante mostra al Palazzo Reale di Milano presenta un tema che potrebbe suonare accademico ma, al contrario, riveste un’importanza cruciale per il mondo d’oggi. In Afghanistan, dominato dal fanatismo islamista, le ragazze vengono escluse dall’istruzione, mentre nel civile Occidente, con l’appoggio di potenti lobby, si diffondono bizzarre teorie che negano le caratteristiche biologiche femminili e l’essere donna sembra corrispondere a uno stato d’animo mutevole.

Nella Venezia del Cinquecento, invece, le donne godevano di uno status particolare che consentiva loro di continuare a disporre della propria dote e poterla distribuire ai figli, dopo la morte del marito e, anche se non avevano il diritto di partecipare alla vita politica o finanziaria, rivestivano un ruolo importante nella presentazione dell’articolato cerimoniale pubblico della Serenissima. Nello stesso periodo si assiste a un improvviso sviluppo della letteratura sulla donna, con il rinnovato entusiasmo per il Canzoniere di Petrarca, per l’Arcadia di Jacopo Sannazzaro, per l’Orlando furioso di Ariosto da parte di importanti letterati come Pietro Aretino, Pietro Bembo, Giovanni della Casa o Baldassarre Castiglione. Non dobbiamo poi dimenticare che Venezia è la capitale dell’editoria europea e che le geniali soluzioni adottate da Aldo Manuzio, ideatore dei libri di piccolo formato, facilmente trasportabili e consultabili in ogni occasione, avevano favorito la diffusione dei testi anche tra il pubblico femminile.

Letterati e poeti dedicano crescente attenzione alla donna e al suo ruolo centrale all’interno della famiglia e nella sua capacità di garantire la continuità del genere umano. A questo si aggiunge la solida fiducia nel potere dell’amore, a cui vengono attribuiti i meriti di rafforzare il matrimonio e garantire figli di bell’aspetto, intelligenti e felici. In questo modo l’immagine di una donna amata e desiderata inizia ad acquisire sempre maggiore importanza. Il processo che porterà la figura femminile al centro dell’arte figurativa è iniziato da Tiziano, il protagonista assoluto dello scenario artistico dell’epoca. Per Tiziano la bellezza artistica corrisponde a quella femminile e, nel rappresentarla, il grande pittore sembra meno interessato al canone della bellezza esteriore rispetto alla personalità di una donna e alla femminilità in quanto tale. In tutti i suoi dipinti emerge prepotentemente il desiderio di non sminuire mai la dignità del soggetto ritratto, indipendentemente dal contesto, dalla narrazione o dalla rappresentazione.

La sezione “Apri il cuore”

Nel Cinquecento Venezia era una delle città più importanti del mondo, centro culturale di primissimo piano, ma anche ponte commerciale verso l’Oriente e febbrile mercato di scambio di merci di ogni tipo. Non dobbiamo quindi stupirci che la città pullulasse di prostitute e cortigiane che offrivano i loro servigi a una clientela cosmopolita. Ma non può essere questa la sola lente attraverso cui analizzare l’arte del periodo. I dipinti con una ragazza a seno scoperto sono stati a lungo considerati ritratti di donne di piacere o cortigiane ma, in realtà, varie testimonianze letterarie suggeriscono una diversa interpretazione che porta a considerare questo gesto come una via per “aprire il cuore” e sottolineare la sincerità dei propri sentimenti.

Nel Dialogo dei colori, un testo del 1565, Lodovico Dolce descrive ad esempio un dipinto di

Laura di Giorgione, dipinto nel 1506, è il primo esempio di donna che scopre il seno per indicare la purezza dei propri sentimenti.

Raffaello con una donna che apre il vestito per indicare il cuore come sede della verità dei sentimenti e della fedeltà dell’animo. L’arte dei cenni di Giovanni Bonifacio, scritta nel tardo Cinquecento, ma pubblicata solo nel 1616, conferma ulteriormente questa tesi. D’altronde è poco credibile che il diffuso tema della giovane a seno nudo effigiasse cortigiane che intendessero farsi pubblicità mettendo in mostra le proprie grazie. Nei pochissimi casi in cui una cortigiana (che, ricordiamolo, era una prostituta colta, in grado di intrattenere personaggi di alto rango) riusciva a farsi ritrarre da un pittore famoso, si presentava in abiti sontuosi ma che non avevano nessun riferimento all’attività svolta. È molto più plausibile che queste fanciulle non siano che spose o promesse tali, descritte in termini erotizzanti per richiamare il concetto di voluptas (un piacere sia carnale che spirituale) che, assieme alla virtus (morale e comportamentale), si riteneva sostenesse le sorti del buon matrimonio. Uno splendido esempio è rappresentato dalla folgorante Laura che Giorgione dipinse nel 1506. Forse sarebbe necessario ricordare a tanti critici erotomani che, biologicamente, il seno nasce come mammella (da cui “mammifero” e “mamma”) per allattare i neonati venuti al mondo e quindi l’esposizione del seno da parte di una futura madre è un riferimento abbastanza esplicito alla fecondità femminile.

Eroine e sante

Sia la storia antica che le Sacre scritture hanno offerto ai pittori un ricco campionario per mettere in evidenza modelli di virtù eroiche, ma anche rappresentazioni di attraente sensualità. La storia biblica di Susanna al bagno, spiata da due vecchioni, consente agli artisti totale libertà di ritrarre splendidi nudi femminili (e in mostra è presente un capolavoro assoluto come la Susanna di Tintoretto), mentre la storia di Giuditta, l’eroina biblica che seduce e poi decapita il generale nemico Oloferne, mette in risalto il fascino ma anche la grande determinazione di quel personaggio femminile che mostra lo stesso coraggio degli uomini. Anche il caso di Lucrezia, la nobile matrona romana che si toglie la vita per difendere il proprio onore dopo aver subito la violenza di Sesto Tarquinio, ha ispirato molti artisti che hanno sviluppato il tema in modi molto diversi.

Tiziano, Tarquinio e Lucrezia (1572-1576 circa), Akademie der bildenden Kunste Wien. (Foto dell’autore che si scusa per la cattiva qualità dell’immagine).

In mostra sono presenti tre dipinti che affrontano il soggetto, uno di Veronese e due di Tiziano che dedica alla nobile romana un dipinto giovanile per poi tornare, in tarda età, sullo stesso soggetto. Veronese ritrae una monumentale matrona che, adornata di ricche vesti e impreziosita da perle sfavillanti, anelli e braccialetti, si conficca sgomenta il pugnale nel petto. Lucrezia e suo marito, il dipinto giovanile di Tiziano, ci mostra invece una matrona senza ornamenti, con lo sguardo rivolto al cielo e la ferma determinazione a trafiggersi con l’acuminato pugnale che stringe nella destra, mentre il marito oltraggiato è una figura che si perde nel buio del fondo. La versione tarda di Tiziano, Tarquinio e Lucrezia, rilegge invece la storia in modo del tutto diverso. Il soggetto non è più Lucrezia che si colpisce solitaria per espiare la colpa di aver subito la violenza di un ospite che era stato gentilmente accolto come tale, ma rappresenta l’assalto fisico del violentatore armato di pugnale. Stavolta il senso del racconto è del tutto diverso perché mette in primo piano la brutale violenza maschile e non la stoica determinazione femminile a suicidarsi anche se, in effetti, non ha nessuna colpa. L’artista non si sofferma sui gioielli o sugli abiti ma rende per linee veloci la dinamica dell’attacco e della difesa disperata della donna, mostrando una sensibilità spiccata per il problema, quasi cinque secoli prima del movimento “Me too”.

Scrittrici, poetesse, cortigiane

Questa sezione offre una ampia documentazione sulle numerosissime pubblicazioni che vedono protagoniste le donne, oggetto di un’attenzione, anche da parte degli scrittori uomini, quale non si era mai vista prima, né si vedrà in seguito: in trattati, dialoghi, poesie e romanzi le donne giocano molto spesso un ruolo di primo piano, sia che ne vengano esaltate le qualità, sia che al contrario si metta in discussione il loro ruolo nella società. Nella Genesi ebraica (1,26-28) la donna era equiparata all’uomo come parte della Creazione, e i Progenitori erano destinati l’uno all’altra; successivamente, però, in ambito ellenistico, Eva viene sottomessa al compagno Adamo, e questo rapporto trova il culmine nella letteratura patristica. A partire da La cité des femmes (1405), opera della poetessa veneziana in terra di Francia Christine de Pizan, le scrittrici del Quattro e Cinquecento si sono mosse in difesa di Eva contro le tradizionali accuse misogine, con vari argomenti, in parte molto ingegnosi e anche ironici, dando così avvio al movimento conosciuto come “querelle des femme, una specie di movimento proto-femminista.

La padovana Giulia Bigolina è la prima donna a scrivere un romanzo, Urania, il cui prezioso manoscritto è conservato alla Biblioteca Trivulziana di Milano: la protagonista si traveste da uomo e inizia un viaggio avventuroso pieno di avvenimenti curiosi.
Gaspara Stampa è invece famosa per l’amore non ricambiato per Collaltino di Collalto, che diventa nelle sue poesie l’irraggiungibile oggetto del desiderio, in una sorta di petrarchismo rovesciato. Possiamo poi vedere una copia del dialogo di Moderata Fonte, purtroppo pubblicato postumo, che intendeva partecipare al dibattito di genere, riacceso a fine Cinquecento da un pamphlet misogino di Giuseppe Passi. Nell’intestazione si legge: Il merito delle donne, scritto da Moderata Fonte (Modesta dal Pozzo Zorzi) in due giornate. Ove chiaramente si scuopre quanto siano elle degne, e più perfette degli huomini. Un bel piglio, non c’è che dire, a cui si aggiunge il testo scritto da Lucrezia Marinelli, La nobiltà, et l’eccellenza delle donne, co’ diffetti, et mancamenti de gli huomini.

Rispetto a quanto avviene in altri Stati italiani, nella prima metà del XVI secolo le donne veneziane delle classi agiate appaiono molto raramente nei ritratti poiché il sistema oligarchico della Serenissima non approva il culto della memoria, connaturato al ritratto. Soltanto nella terraferma veneziana, a Brescia, Bergamo, Verona possiamo trovare una cultura ritrattistica più vivace. I ritratti di Tiziano raffigurano dunque personalità di case principesche non veneziane, come Isabella d’Este, o sua figlia Eleonora Gonzaga, o la fanciulla di Capodimonte, forse legata alla famiglia Farnese. Ma anche nei dipinti che non raffigurano regnanti o donne di potere il personaggio femminile non è mai rappresentato come “oggetto del desiderio”, ma riflette una sua dignitosa personalità e una orgogliosa concezione di sé.

Tiziano e l’immagine della donna
nel Cinquecento veneziano
a cura di Sylvia Ferino-Pagden
Milano, Palazzo Reale
Dal 23 febbraio al 5 giugno 2022
Catalogo Skira

di Galliano Maria Speri

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