Il 24 ottobre 1929, passato alla storia come “Giovedì nero”, la borsa USA crollò dell’11 per cento, a cui seguì una perdita del 13 per cento il lunedì successivo e dell’11 per cento il giorno seguente. Il 19 ottobre del 1987 venne invece stabilito il record del più grande crollo in un giorno della borsa, quando l’indice Dow Jones perse il 22 per cento. Il 15 settembre 2008, con l’improvvisa bancarotta della Lehman Brothers, iniziò la peggior crisi finanziaria e, successivamente, economica dalla Grande Depressione. Nella cruciale settimana dal 30 marzo al 4 aprile 2025 le aspettative e, poi, l’annuncio di una scriteriata politica di imposizione di dazi da parte del presidente USA Donald Trump hanno portato a crolli e improvvise risalite delle borse mondiali. Molti commentatori hanno espresso le loro perplessità sul fatto che l’arbitro (il presidente Trump) che ha il potere decisionale per far salire o scendere il valore delle azioni è, allo stesso tempo, anche un giocatore, visti gli strettissimi rapporti che lo collegano al Gotha finanziario e tecnologico statunitense. Anche gli accordi del 12 maggio dell’amministrazione USA con la Cina hanno portato a un grande balzo delle borse, forse meno prevedibili di quelli seguiti agli annunci sui dazi, che hanno permesso guadagni enormi a chi era in possesso delle informazioni giuste. Ne abbiamo parlato con un Private Banker, socio di una banca d’investimento che opera sul mercato globale che, per ragioni che si capiranno benissimo, intende mantenere l’anonimato. La conversazione si è svolta in una grande città italiana.

Molti osservatori hanno notato che dopo gli annunci di Trump sulla sua politica dei dazi ci sono stati ribassi atipici, non legati a elementi oggettivi. Cosa pensa sia avvenuto?

Guardiamo ai fatti. Il 3 aprile il primo ribasso ha portato a una perdita di 2000 miliardi di dollari a Wall Street. Dati molto anomali perché non giustificati da motivazioni economiche o finanziarie. Il petrolio ha perso il 7 per cento, con un grande impatto sull’economia reale. L’annuncio dei dazi ha causato quello che gli specialisti hanno definito un “violento” ribasso a V. Il 4 aprile, un venerdì, le borse europee hanno perso in media il 5 per cento e, stranamente, anche un bene rifugio come l’oro è sceso del 2,70 per cento. In quel preciso momento c’è stata una grandissima speculazione su tutto. Nella settimana 30 marzo-4 aprile la borsa italiana ha registrato una perdita dell’11 per cento, il Nasdaq statunitense del 9 per cento, mentre il petrolio ha subìto un ribasso dell’11 per cento. I dazi proposti da Donald Trump potrebbero portare a un calo del Pil degli USA e a un forte aumento dell’inflazione. Ma gli effetti non si ripercuoteranno soltanto sull’economia americana perché il protezionismo trumpiano avrà un impatto sulla crescita globale, visto che i dazi sono stati annunciati sia contro l’Europa che contro i Paesi asiatici, senza distinzione tra alleati e avversari.

Possiamo parlare di effetto annuncio?

Tecnicamente è corretto perché, scegliendo accuratamente i tempi, i dazi sono stati successivamente sospesi e sono stati mantenuti in essere soltanto quelli contro la Cina, fino a quando, dopo l’accordo di Ginevra del 12 maggio, anche i dazi contro Pechino sono stati più o meno riportati al livello di partenza, ma solo dopo aver causato varie ondate di cadute e rialzi nelle borse mondiali. Il crollo del 4 aprile di quest’anno è stato particolarmente forte, simile al terremoto che si verificò nel marzo 2020 all’annuncio del lockdown a causa del Covid-19. Il movimento è durato tre giorni ed è stato causato dalla forte speculazione messa in atto da banche statunitensi vicine al presidente, da Hedge Fund, fondi pensione americani e da broker finanziari che, ovviamente, avevano accesso a informazioni privilegiate. Il meccanismo consiste in strumenti finanziari che possono essere assimilati a delle scommesse con cui si può immaginare il livello negativo di un indice finanziario o di un titolo in una data determinata. Quando Trump dice che «è arrivato il momento di arricchirsi» manda un segnale chiaro a coloro che sono in possesso di informazioni precise sulle decisioni politiche del futuro.

Foto ufficiale di Trump che, in modo forse non intenzionale, lo mostra per quello che realmente è: il capo di un potente comitato d’affari che

I forti scossoni della borsa hanno però indebolito il valore azionario di Tesla, causando un danno economico a Elon Musk che ha infatti annunciato di volersi defilare progressivamente dalla posizione che ricopre attualmente nell’amministrazione.

Non è realistico pensare che un investitore così vicino a Trump e con una profonda conoscenza del mercato internazionale non fosse a conoscenza degli effetti finanziari dell’annuncio sui dazi. Se guardiamo le foto dell’inaugurazione del presidente vi troviamo il Gotha della Silicon Valley, tutti con accesso privilegiato al presidente e alle sue intenzioni. Potremmo immaginare che, prevedendo quello che sarebbe successo ai suoi titoli, Musk abbia acquistato derivati che puntavano al ribasso dei valori azionari della Tesla che hanno ampiamente compensato le perdite di borsa.

Come ha funzionato tecnicamente l’operazione?

Ricordiamo che i grandi giganti dell’elettronica e dell’informatica hanno ormai raggiunto dimensioni tali da poter essere paragonati a veri e propri stati, e sono diventati molto più ricchi e potenti non solo di tante nazioni del Sud del mondo ma anche di parecchi stati europei. Sono inoltre avvantaggiati dal fatto che, rispetto ai comuni mortali, pagano tasse bassissime se confrontate ai profitti stellari. Possiamo ipotizzare che coloro che detenevano informazioni privilegiate abbiano acquistato titoli derivati a leva (la leva finanziaria è la principale caratteristica degli strumenti derivati e permette di amplificare i guadagni, o le perdite, dell’investimento effettuato, NdR), raddoppiando o triplicando l’investimento iniziale perché avevano puntato sul ribasso dei mercati e dei titoli stessi, conoscendo in anticipo i fattori che li avrebbero fatti scendere. Alla luce di quanto è avvenuto successivamente, se guardiamo la foto di gruppo dell’inaugurazione presidenziale non è difficile pensare che ci troviamo di fronte a un vero e proprio “comitato d’affari”.

Giulio Andreotti, un navigatissimo politico italiano, diceva che «a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina». Alla luce di questa considerazione, possiamo immaginare che dietro la retorica populista, legata allo slogan America First e alla difesa di coloro che erano stati lasciati indietro dalla globalizzazione, si celasse, in realtà, l’intenzione di arricchirsi smodatamente sfruttando il proprio ruolo istituzionale?

Penso che nessuno possa affermarlo esplicitamente ma, se studiamo attentamente quanto è avvenuto in quella settimana cruciale, ci sono molti fenomeni anomali che sollevano più di un dubbio. Il movimento a V, cioè un crollo improvviso seguito poi da una vigorosa ripresa, è stato quasi completato il 9 aprile, quando Trump, sulla base di motivazioni fumose, ha annunciato di aver deciso una sospensione di 90 giorni della sua precedente decisione. In un solo giorno, questo annuncio ha fatto balzare gli indici americani di un valore che è oscillato tra il 9 e l’11 per cento. Chi ha comprato a metà della V, cinque giorni prima, ha ottenuto un rendimento a doppia cifra, conseguendo enormi guadagni e rischi ridotti, visto che tutti gli economisti del mondo avevano previsto che la politica dei dazi avrebbe fatto scendere precipitosamente i mercati.

Molti democratici, tra cui la senatrice Elizabeth Warren, hanno richiesto alla Sec (Security and Exchange Commission) un’inchiesta per accertare se Trump abbia fatto insider trading. Ritiene che si riuscirà a far luce su questo aspetto?

 Da subito Trump ha usato una strategia intimidatoria contro le istituzioni, basti pensare alla giudice arrestata perché aveva difeso i diritti di un migrante. Ci sono molti elementi che sollevano sospetti, come la dichiarazione di Trump che il 2 aprile, il giorno stesso degli annunci sui dazi, aveva proclamato sui social media: «È un grande momento per comprare». L’invito sembra rivolto a chi possedeva informazioni privilegiate ma, alla luce di come Trump sia sempre riuscito a ritorcere a suo favore le inchieste contro di lui e alla complessità delle rilevazioni, sono molto scettico che si riuscirà a provare l’insider trading.

(L’immagine di copertina riproduce un grafico realizzato dal quotidiano Guardian su dati della London Stock Exchange, in cui si vede come le crisi degli ultimi 20 anni abbiano innescato crolli a V, con perdite improvvise e repentine risalite dei valori azionari).

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