Aldo Ferrara (*)

Nell’ambito della discussione della Legge Finanziaria, non registriamo riferimenti efficaci alla Salute, se non in termini di tagli lineari. Su Avvenire, invece, interviene il Prof. Silvio Garattini, https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/meno-farmaci-basta-consumismo, sempre illuminato, con considerazioni non solo condivisibili ma che in questa sede ribadiamo. E tutto ciò ha una straordinaria attualità poiché la Spesa del Sistema Sanitario Nazionale è il maggior Capitolo del Bilancio dello Stato.

La Spesa Farmaceutica che si aggira sui 21mld si divide in due capitoli: la spesa ospedaliera e quella territoriale. Mentre la prima comporta la problematica degli approvvigionamenti controllabili, ma è in costante “fuori controllo”, la seconda potrebbe, con alcuni accorgimenti, essere controllata. Secondo il Rapporto OSMED, nei primi nove mesi del 2015 la spesa farmaceutica nazionale totale (pubblica e privata) è stata pari a 21.3 miliardi di euro, di cui il 76.5% è stato rimborsato dal SSN. La spesa farmaceutica territoriale pubblica è stata pari a 9.727 milioni di euro (circa 159 euro pro capite), con un aumento del +9.6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tale aumento è dovuto principalmente alla crescita del +37.4% della spesa per medicinali di classe A erogati in distribuzione diretta e per conto e ad un lieve decremento della spesa farmaceutica convenzionata netta -0.9%.

Spesa farmaceutica territoriale

Relativamente alle componenti, la spesa farmaceutica territoriale indica l’insieme della spesa riferibile ai farmaci rimborsabili di fascia A, al lordo delle quote di partecipazione alla spesa a carico degli assistiti, distribuiti:

1) attraverso le farmacie pubbliche e private convenzionate;

2) attraverso la distribuzione diretta, intesa come distribuzione per il tramite delle strutture ospedaliere e dei presidi delle aziende sanitarie locali, di medicinali agli assistiti per la somministrazione presso il loro domicilio. Rientrano nella distribuzione diretta le prestazioni farmaceutiche, destinate al consumo al domicilio, erogate:

  • alla dimissione da ricovero o da visita specialistica, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo;
  • ai pazienti cronici e/o soggetti a piani terapeutici;
  • ai pazienti in assistenza domiciliare, residenziale o semiresidenziale;
  • da parte delle farmacie convenzionate, pubbliche o private, per conto delle Aziende sanitarie locali.1

Ma è proprio in questo ambito che registriamo il “buco”. Spesso le farmacie si comportano da supermarket e molti farmaci superano l’ostacolo dell’appropriatezza, e vengono erogati senza la prescrizione dovuta, ovvero vi sono eccessi di prescrizione. Insomma il fai-da-te del paziente o di quello che si ritiene tale può essere fortemente dispersivo. Se si osserva il comportamento delle Apothecaries sassoni, americane, inglesi, etc, in quella sede il farmacista conta una per una le compresse sulla base della prescrizione medica, non una di più né una di meno.

L’aggiornamento dell’AIFA sulla spesa farmaceutica regionale, relativamente al primo quadrimestre 2015, indica una spesa pari a 2.949 miliardi di euro, 2.6 mln in più rispetto al 2014. I dati sui ticket indicano un incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari ad un milione (528, +4.2%).

Appare adeguata la spesa territoriale al di sotto del tetto di spesa fissato all’11,35% del Fondo sanitario nazionale, ma non mancano le disomogeneità territoriali e regionali. Come previsto, la spesa farmaceutica ospedaliera supera il tetto del 3.5% e si attesta sul 5%.

Le regioni virtuose sono poche: in primis la Provincia Autonoma di Trento che mostra un 3.4%. In 10 Regioni il tetto dell’11,35% è stato valicato: Sardegna (13,9), Puglia (13,6), Calabria (13,1), Abruzzo (12.6), Lazio (12,6), Campania (12,1), Basilicata (12,0), Marche (11,8), Molise (11,8) e Sicilia (114). In valori assoluti, l’insieme della compartecipazione alla spesa (ticket) ha raggiunto la cifra di 528 milioni nel primo quadrimestre, di cui il 64% derivante dalla differenza tra cifra a carico del cittadino (prodotto farmaceutico in commercio scelto dal paziente) e cifra rimborsata dal SSN (AIFA), con un disavanzo pari a circa 1.695 mld di euro ed un pay-back per le Aziende pari a 847 mln. Imputata di prima classe, la spesa farmaceutica ospedaliera, quasi sempre fuori controllo.

I farmaci c.d.griffati.

Negli anni 2000 la battaglia dei consumatori verso i farmaci griffati contribuì alla rivalutazione dei farmaci generici, quelli cioè che contengono lo stesso principio attivo dell’omologo griffato ma costano molto meno essendo privi di alcuni passaggi (prove di efficacia e di tollerabilità) che invece il farmaco griffato o brandizzato ha superato. Tuttavia, sulla base di uguaglianza del principio attivo, della forma farmaceutica, della dose e della via di somministrazione, si presuppone che anche l’effetto sia identico e pari l’efficacia terapeutica e di tollerabilità.

La svolta successiva arriva nel marzo 2016 con la Determinazione AIFA2 volta ad autorizzare l’impiego di farmaci terapeuticamente equivalenti anche se il principio attivo è diverso e pertanto definibili similari. Così facendo, l’AIFA attuerebbe il taglio della rimborsabilità per circa 1.700 farmaci con regime di distribuzione ospedaliera e circa mille i medicinali territoriali.

Rispetto al generico, il similare può contenere anche un principio attivo diverso anche se è un prodotto con “profilo rischio-beneficio sovrapponibile”. Ciò consentirebbe di escludere prodotti più onerosi che rientrino nella c.d. “classificazione ATC di 4° livello”. Di primo livello sono i farmaci per il sistema nervoso centrale, il secondo gli psicoanalettici, il terzo tutti gli antidepressivi, al quarto gli antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). In totale 38 prodotti diversi, dalla Sertralina (Zoloft, Tatig, Tralisen) all’Escitalopram (Cipralex, Entact). Il farmaco a più basso prezzo di questi resterà mutuabile (AIFA, determinazione “458” del 31 marzo 2016).

Mentre “griffato” e “generico” avevano almeno lo stesso principio base, resta ancora da verificare su grandi numeri statistici l’equivalenza terapeutica tra farmaci diversi.

Quel che resta sconosciuto è il diverso grado di accettazione e tollerabilità da parte del paziente che si vedrà costretto a lasciare un prodotto cui è ormai avvezzo per un altro da sperimentare sotto il profilo terapeutico, degli effetti collaterali e della risposta metabolica.

In pratica la politica di difesa della spesa subisce vari passaggi, dal griffato al generico ed adesso al similare.

I farmaci oncologici

Non si può non tener contro dei dati epidemiologici che indicano 363.300 nuovi casi di cancro/anno. In vero, la percentuale di remissione (nel caso delle neoplasie non è prudente riferirsi a guarigione) era del 40% nel 2000, con una forbice sempre più divaricata tra tasso di morbosità e mortalità. Ma è anche plausibile che il miglioramento registrato nell’attuale 60% (2015) di questi accertamenti sia dovuto a due fattori ineludibili:

  • Diagnosi precoce, che fa parte di un quadro di prevenzione della malattia, che sta acquisendo risultati soddisfacenti. Le curve epidemiologiche di morbosità e mortalità per cancro si vanno finalmente divaricando, nel segno di una sempre minore coincidenza tra diagnosi di malattia e conseguente mortalità.
  • L’introduzione di 45 nuovi farmaci oncologici, avvenuta tra il 2010 ed il 2014, implementa il ventaglio di possibilità terapeutiche. Senza dimenticare che negli ultimi anni il supporto di prodotti di immuno-oncologia e di farmaci a bersaglio molecolare ha molto arricchito la possibilità terapeutica.

http://www.dire.it/newsletter/odm/anno/2016/febbraio/16/?news=08#sthash.lZ1i0vqx.dpuf

Nel 2014 la spesa italiana per i farmaci oncologici ospedalieri è stata di 3.899 milioni di euro, +9.6% rispetto alla spesa del precedente anno, (Pinto, AIOM, 2016).3

Maggiore accuratezza nell’approvazione di farmaci e più oculata gestione degli stessi consentirebbero un recupero del disavanzo di detto capitolo di spesa. Nel controllo degli sprechi, infatti, giocano un ruolo primario sia la razionalizzazione sia la maggiore appropriatezza nell’uso terapeutico.

Di quest’ultimo aspetto è testimonianza il sorprendente studio di Bach et al., 2016, che focalizza il cattivo utilizzo dei farmaci monodose in base al rapporto peso/quantità da somministrare. Una volta aperte le confezioni, utilizzata la dose per paziente, lo scarto eccedente deve essere necessariamente eliminato.

Ad esempio, il trattamento per un paziente affetto da mieloma prevede 2.2 mg di Bortezomid (farmaco molecolare o biologico) mentre la confezione monodose ne contiene 3.5. La dose eccedente, 1.3 mg, non utilizzata diviene rifiuto e comunque incide sulla spesa globale.

Negli USA, secondo Bach, 2016, le risorse divenute letteralmente “rifiuto”, solo per eccedenza di farmaco, ammontano a circa 1.7 miliardi di $ per le forme tumorali di maggiore incidenza, quali mieloma multiplo (282 mln$, cancro del colon 260, linfomi 232, tumori pleurici e polmonari 100, cancro prostatico 25, cancro mammario, melanoma.)4

Farmaci Biologici o Biotecnologici

Nell’ambito dell’assistenza farmaceutica erogata dalle strutture sanitarie pubbliche, la categoria terapeutica dei farmaci antineoplastici ed immunomodulatori rappresenta la prima a maggiore incidenza in termini di spesa con 49.1 euro pro capite e la sesta in termini di dosi medie prescritte (9.3 DDD/1000 ab die), seguita dai farmaci antimicrobici per uso sistemico, con una spesa pro capite di 37.7 euro, rappresentando la settima categoria in termini di dosi medie prescritte (6.2 DDD/1000 ab die).

Considerando la spesa a carico del SSN, comprensiva della spesa per i farmaci erogati in regime di assistenza convenzionata e di quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, la categoria degli antineoplastici ed immunomodulatori si colloca al primo posto (3.2 miliardi di euro), seguita dai farmaci antimicrobici per uso sistemico (2.9 miliardi di euro) e dai farmaci del sistema cardiovascolare (2,7 miliardi). Oggi un ostacolo finanziario è costituito da tre principi attivi a maggior spesa, erogati in distribuzione diretta, quali Sofosbuvir, innovativo antivirale per l’epatite C (681.5 milioni di euro), dal Fattore VIII di coagulazione per il trattamento e profilassi delle emorragie in pazienti affetti da emofilia A (185.5 milioni di euro) e dal farmaco biologico Adalimumab, dotato di ben 8 indicazioni in ambito reumatologico, gastroenterologico, dermatologico (185.0 milioni di euro) (Di Muzio e Perricone, 2016).

Farmaci innovativi, certo di prim’ordine ma perché così costosi?

 

Fonte A.Ferrara “Quinto Pilastro, il tramonto del SSN”, prefazione di Sergio Garattini. Cap.II, La spesa Farmaceutica, pagg 101 e seguenti

* Professore f.r. di Malattie Respiratorie nelle Università di Milano e Siena

1 http://www.camera.it/camera/browse/561?appro=610&La+spesa+farmaceutica+territoriale+ed+ospedaliera#paragrafo2867

2 AIFA 31 marzo 2016. Riforma della determinazione recante “Procedura di applicazione dell’articolo 15, comma 11 ter, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi al cittadini nonche’ misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario} convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 135 e S.M.I”.

3 Carmine Pinto, Presidente Associazione Oncologia Medica, AIOM, Ansa, 09 marzo 2016

4 Bach P.B., Conti R.M.,Muller R.J.,Schnorr G.C.,Saltz L.B. Overspending driven by oversized single dose vials of cancer drugs. BMJ 2016, 352:i788

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