Di Aldo Ferrara

Premessa È tempo di transizione ecologica verso le fonti rinnovabili, lasciando al loro destino i fossili. Questo è il dettame dei giorni nostri sull’onda, solo emotiva, del Movimento ispirato a Greta Thumberg. Ma è possibile e prevedibile? Innanzitutto la geopolitica del petrolio che vede in Russia e USA i maggiori produttori di oil & gas con circa 13 milioni di barili/ die/ciascuno sembra molto distante dalla politica di abbandono dei fossili, a dispetto delle più palesi dichiarazioni di guerra al petrolio. In attesa che le alternative si rendano disponibili per la gran parte delle masse, sia per quanto attiene ai trasporti sia per quanto attiene l’energia elettrica, resta attiva la fornitura agli Stati che devono far fronte, nella maggior parte di quelli europei, alle spese di acquisto dai Paesi produttori , privi come sono di possibilità estrattive. A ciò si aggiungano le spese accessorie, nascoste e non sempre quantificabili, di fenomeni di contrabbando e corruttela che da sempre si configurano nel mercato del petrolio.

La crisi globale del 2008 ha modificato anche le importazioni di greggio dai paesi produttori. Per molti versi dipendenti da altre nazioni o Compagnie, l’Italia presenta numeri consistenti di fabbisogno energetico, che, secondo l’Unione Petrolifera Italiana, si sintetizzano in 100 mln di litri consumati al giorno. Il fatturato globale ammonta a 122.3 mld di euro con un gettito fiscale pari ad accise per 41.2 mld. Ricordiamo che, come già richiamato, nelle accise vengono computate anche altre tassazioni quali l’IVA ( tassa su tassa). Sono 12 in tutto le raffinerie italiane che contribuiscono alla lavorazione dei prodotti grezzi.

Figura 1

Da dove arriva questo petrolio, malgrado le sanzioni in vigore alla Russia? Sostanzialmente vi contribuiscono i paesi del MO, dell’Africa ed anche della Russia (Fig.1). Le sanzioni alla Russia hanno spostato la maggior quota di importazioni verso l’Africa e soprattutto la Libia. In dettaglio la nostra Unione Petrolifera indica le principali aree di provenienza (Fig.2).

Figura 2

Da quest’ultimo grafico, nel dettaglio, si evince che le sanzioni anti-Russia non hanno influito sulle importazione dall’area ex sovietica, in particolare Azerbajian, ma hanno creato le premesse per un notevole incremento delle importazioni di greggio dalla Libia, nell’era post-Gheddafi.

È qui che sta, probabilmente, una delle matrici e forse delle cause della tragedia dei migranti, realizzatasi dopo la c.d. Primavera Araba. La maggiore accessibilità alle fonti petrolifere nei paesi del Niger (Niger e Nigeria) e soprattutto Libia non è un motive di secondo piano nella strategia di paesi europei, diversi dall’Italia e che con essa possono per questo entrare in rotta di collisione. È sempre l’area Mediterranea quella più soggetta a crisi geopolitiche da petrolio. È  sempre in quest’area che i trasferimenti si realizzano via mare. È  sempre in quest’area che si assiste a fenomeni di contrabbando di oil come quello ipotizzato dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Catania nel 2017 .

Fig. 3 Le principali rotte shipping del Mar Mediterraneo (REMPEC su banca dati Lloyds).

È sempre in quest’area che, anche sulla base di quanto sopra, che il trasferimento via nave è destinato ad incrementare con nuovi investimenti. Il suo crescente utilizzo è da attribuire a varie motivazioni: diversificazione rispetto l’oleodotto, messo in crisi dall’incertezza geopolitica del triangolo d’oro mediorientale; iperproduzione di petrolio; sfruttamento di aree petrolifere non servite da pipelines, quali il Mare di Barents, i nuovi giacimenti di Zohr in Egitto etc.

I numeri sono in crescita. Attualmente le stime indicano in tre miliardi di tonnellate i prodotti petroliferi trasferiti su shipping. Le rotte sono intuibili e la base principale è il Medio Oriente con destinazioni a est verso i paesi in fase di crescita (Pakistan, India e Cina). Si ritiene che ogni giorno vengano trasferiti 255 milioni di barili. Poco più di 10.000, di cui 600 le ultralarge, le petroliere in circolazione nel mondo per una capacità di carico di oltre 500 milioni di tonnellate, in costante crescita negli ultimi anni. (Magliocco P. Quanto petrolio naviga nel mondo? in “La Stampa Economia”, 16.1.2018).

I dati delle Autorità portuali indicano una movimentazione nel 2006 di almeno 2 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi sui principali 15 porti. Ciascuno di essi si serve di strutture di stoccaggio e raffinazione contigue. Le aree principali sono nel Tirreno: Savona serve la raffineria di Trecate, Genova quella di Busalla, di Cremona e Sannazzaro; Livorno e Civitavecchia sono collegati con la raffineria di Roma; il porto di Augusta è vicino al polo petrolchimico siracusano compreso nel territorio delimitato dai comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli.

Nell’Adriatico il porto di Ancona è collegato con gli impianti di raffineria di Falconara e Trieste gode del terminal SIOT che, a sua volta, alimenta l’Oleodotto Transalpino TAL verso le raffinerie dell’Austria e della Germania.

Strategico è quest’ultimo porto, che funge da terminale della pipeline che collega l’Adriatico con Danzica e serve le Repubbliche dell’Intermarium (Ungheria, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia), oltre l’Austria.

Non solo per carico di merci ( > 40 mln di tonn/anno, per logistica intermodali). Dal porto di Trieste parte il primo treno intermodale programmato a lunga percorrenza sulla direttrice Kiel-Goteborg per il trasporto di contenitori, semirimorchi e casse mobili, in arrivo e partenza via mare da Turchia e Grecia da e per il mercato dell’area baltica. Il servizio rappresenta il primo collegamento operativo lungo il corridoio TEN-T Adriatico-Baltico. L’iniziativa è stata avviata su richiesta della Ekol, operatore logistico che utilizza il Terminal EMT del Molo VI e che di recente ne ha acquisito la partecipazione di maggioranza. Alla realizzazione del prodotto intermodale collaborano TX Logistik AG e Mercitalia Rail Srl per la trazione ferroviaria, Alpe Adria Spa e la stessa TX in qualità di Mto, e Stena Line che cura la prosecuzione marittima fino a Goteborg.

La distanza ferroviaria è di 1.360 chilometri, a cui si aggiungono 234 miglia marine per la destinazione finale, con un transit time ferroviario di 26 ore e di 14 ore via ferry. Il treno sarà composto da 16 carri “Poche” doppi con una capacità di carico pari a 32 Uti (unità intermodali da 45′ o 13,6 metri).1L’importanza di questo snodo si desume da quanto in appresso:

1) Il corridoio Trieste–Kiel costituisce un percorso preferenziale per le merci in direzione Nord e Scandinavia e provenienti dal MO, specie Turchia e Grecia.

2) Il percorso è attiguo alla Slovenia ormai sede privilegiata del turismo tedesco e nord-europeo visti i rapporti di solidarietà politica tra la Cancelliera Merkel ed il Commissario Bulc, (http://www.glistatigenerali.com/trasporti_turismo/achtung-difficolta-in-vista-per-il-prodotto-interno-turistico/);2

3) Il percorso Trieste-Kiel taglia fuori e spazza dal contesto di trasferimento merci, e successivamente passeggeri, i paesi dell’Intermarium (Paesi Baltici, Polonia, Ungheria, Romania, Croazia, Serbia, Montenegro, Repubblica Ceka e Slovacchia) da tempo favorevoli ad una “ terza via” economica e stretti nella tenaglia Russia-Germania. Da tempo detti Paesi, che hanno sancito l’accordo di Visĕgrad, operano per depotenziare l’asse Berlino-Mosca, a loro poco favorevole negli accordi commerciali su gli scambi petroliferi e di greggio particolarmente.3

4) Il corridoio, per quanto possa favorire il porto di Trieste, depotenzia il Corridoio 1 Berlino-Palermo, a questo punto inutilizzabile e non più progettabile per le gravi carenze infrastrutturali portanti, nel sud dell’Italia.

5) Da questo contesto viene esclusa la sponda adriatica italiana, sede della più alta concentrazione di PMI, le quali avrebbero potuto avvantaggiarsi, invece, del porto di Ancona come sede di scambi intermodali.

Ne consegue che, malgrado il potenziamento prevedibile del porto di Trieste, questo corridoio merci si rivelerà poco proficuo per l’intermodalità di esportazione delle merci italiane che da tempo soffrono del depotenziamento del trasferimento su ferrovia.

Figura 4

Perché questo sviluppo marittimo, che oltretutto richiede maggiore controllo, e quindi dispendio, della sicurezza ambientale marina?

Le motivazioni individuate sono due:

Da un lato sempre più giacimenti vengono rinvenuti in aree dove non è possibile o comunque risulterebbe oltremodo dilazionabile nel tempo la costruzione di pipeline; ma vera la ragione è che le aree dei rinvenimenti risultano immediatamente sensibili e quindi inidonee alla costruzione di pipeline, in quanto facilmente preda di possibili attacchi terroristici o di contenziosi legali come il North Stream II.

Ergo la soluzione più pratica è il ricorso allo shipping; il quale però sfugge ai controlli, appare estremamente dinamico e di complessa individuazione. Specie se poi i territori più ricchi sono quelli del bacino mediorientale e del Mar Artico, dove le pipeline costituiscono la extrema ratio del trasferimento.

Uno dei grandi ed ancora poco risolti problemi sono gli sversamenti di petrolio in mare aperto. Nel Mediterraneo, nel periodo tra il 1977 e il 2010, ammontano a circa 312.000 le tonnellate di petrolio sversate a seguito di 545 incidenti. Alcuni incidenti sono noti, le collisioni tra navi, ma molti restano a causa ignota e di questi ben 4 sono occorsi in acque italiane. Dalla figura si noti che sebbene il trend sia in crescita, la tendenza a sversare sia in relativa riduzione almeno negli ultimi 15 anni.

Fig. 5 Dal 1977 il numero totale di incidenti sembrerebbe seguire un trend di crescita; l’effettivo inquinamento, almeno negli ultimo 15 anni, sembra in riduzione. Fonte REMPEC.

Nella contestualizzazione geopolitica dello shipping, non sono da escludere anche altre e poco trasparenti motivazioni: mentre per mantenere alta la produttività e i ricavi, il controllo dei flussi attraverso pipeline è accurato, le carrier o petroliere VLCC consentono di sfuggire alle filiere tracciabili e sono decisamente più fungibili. Come scrivono su “La Repubblica” Giuliano Foschini e Fabio Tonacci, 31 luglio 2017,4 la Guardia di Finanza e una Procura siciliana hanno individuato alcune società di brokeraggio, italiane e maltesi che, per conto di Holding multinazionali, immettono sul mercato il greggio libico e arabo. Una sorta di contrabbando neanche camuffato, svelato da presenza di petrolio estratto in Libia e Siria e rinvenuto in raffinerie italiane. Sempre secondo Foschini e Tonacci “…in Libia la causa principale dell’instabilità politica ruota attorno alla guerra del petrolio. La questione sta a cuore sia al governo di Serraj riconosciuto dalle Nazioni Unite, sia a quello del generale Haftar, essendo l’esportazione di greggio l’unica vera risorsa nazionale, e solo grazie a essa ancora riescono a pagare regolarmente gli stipendi dei dipendenti pubblici. Il furto di carburante, però, è diventato una prassi che ha causato un danno enorme, stimato dal procuratore nazionale libico in “tre miliardi e mezzo di euro sottratti alle casse dello Stato”. Per i due giornalisti, l’affaire riguarda soprattutto l’Italia non solo perché la destinazione finale di questo greggio è il nostro consumatore, ma anche perché non è da escludere un ruolo di attività illegali italiane. Lo stesso Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti rivela l’esistenza di “due potenziali punti di contatto tra terrorismo islamico e criminalità organizzata: la droga e il petrolio”. Non si è distanti dal vero se si ipotizza che alcune società, con sede all’estero, immettano sul mercato benzina a prezzi ribassati, evadendo l’IVA e riciclando.

Nella ricostruzione della GdF, il ricavo dell’Isis della vendita del petrolio, a km 0 rispetto al luogo di produzione si aggirerebbe sui 20-35 dollari al barile. Comunque la presenza di intermediari farebbe lievitare i prezzi di vendita fino a 60-100 dollari. Con un eccesso di 50mila barili quotidiani, si otterrebbe un ricavo di circa 2 milioni di euro al giorno (Foschini e Tonacci, 2017).

Nasce così il filone d’inchiesta “Dirty Oil”, sull’ipotesi di contrabbando di petrolio sottratto alla raffineria libica di Zawyia, sita a pochi km da Tripoli. Forti i sospetti di intrecci tra ISIS e organizzazioni criminali anche italiane. Svelato dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Catania, che hanno già emesso ordinanze di custodia per 50 interessati, il meccanismo prevedeva la sottrazione di gasolio. Questo, poi, con piccole vedette Maxcom era trasportato nei pressi di Augusta in Sicilia ed infine via terra a Mazara del Vallo per la distribuzione sul territorio nazionale. Magistrati e Guardia di Finanza ritengono che, in un solo anno (2015/16) sia sfuggito al controllo del NOC (National Oil Company libica) gasolio per oltre 30 mln di euro con evasione dell’IVA pari a 11 mln. Fonti investigative non escludono che la giornalista dell’ICIJ5 Daphne Galizia Caruana, uccisa nell’ottobre 2017, possa aver intuito questa pista.

Non mancano altre ipotesi, sempre confinate nell’ambito petrolifero. Una pista porterebbe al complesso di affari che legano la dirigenza azera al Premier maltese Joseph Muscat. In effetti suscita perplessità il contratto di fornitura di gas, a costi fuori mercato, che il Governo maltese avrebbe stipulato con il Governo Azero nel 2014 con la SOCAR, compagnia del gas azero, gestito dalle figlie del Presidente Aliev (cfr https://il, manifesto.it/pista-azera-e-alte-sfere-, maltesi-per-lassassinio-della-giornalista-dauphne-caruana-galizia/ ).678

Le indagini sono in corso, ma, qualunque possano essere le deduzioni della magistratura, appare un sottobosco che sfiora i Panama Papers, intrecci finanziari da cui si evincerebbe che la FA Invest di Malta abbia acquistato il 6.5% delle azioni della azienda di telecomunicazione azera Azercell, società anch’essa indirettamente controllata dalla famiglia Aliev (cfr Colombo, Y., 2017).

Quanto sopra configura, e solo in parte, il Mediterraneo quale privilegiato bacino di aree e scacchieri diversi tra loro, ma pure nella loro diversità tutti strategici. Innanzitutto lo scacchiere geopolitico vede tre isole di primaria importanza, Sicilia, Malta e Cipro.

La Sicilia, sin dai tempi del fascismo quando era considerata l’alternativa alle portaerei, è stata poi considerata l’avamposto militare verso la direttrice Sud-Est ossia verso Libia e MO. Reagan ne intuì le potenzialità individuando nel vecchio aeroporto di Comiso la base perfetta per i missili Cruise e Pershing.9 Fu senza sosta la battaglia di Pio La Torre, forse non ininfluente a decretarne la morte, ma solo il Trattato del 1987 pose fine alla questione per riprendere, anni dopo, con la realizzazione del MUOS 10 imposto dalla Marina americana. Elementi tutti che indicano quanto l’Isola possa essere conveniente nell’oil shipping dal Medio Oriente verso l’Europa. Tanto da essere sito di stabilimenti di prima ricezione petrolifera quali i Poli di Gela e Augusta. Negli ultimi decenni la storia dell’isola evolve verso una più facile disposizione al contrabbando di greggio dalla instabile Libia.

Figura 6

Cipro e Malta nel frattempo diventano sedi privilegiate di insediamenti bancari e siti finanziari di prima importanza per i Signori del greggio russo e azero.

Per quanto riguarda il nostro Paese, passa sotto silenzio la presenza della Lukoil, terza Compagnia petrolifera russa, dopo Gazprom e Rosneft. LUKOIL Italia ha iniziato a operare in Italia da maggio 2009, in seguito all’acquisizione della raffineria ISAB (Industria Siciliana Asfalti e Bitumi), sulla costa orientale della Sicilia. Opera come agente distributore, già dal 2017 nelle province di Ragusa e Siracusa con ben 26 stazioni di rifornimento e 3 a Marsala e partecipa attivamente alle gare di fornitura per i traghetti con la Calabria, per il rifornimento delle isole Eolie e delle principali città siciliane.

Il Mare Nostrum è dunque il laboratorio in cui si sperimentano forme di diversificazione dei trasferimenti di greggio, dall’oil shipping alle condotte. Vi si intrecciano interessi petroliferi diretti alla distribuzione, casseforti bancarie come Malta e Cipro né, come sopra riferito, si possono escludere fenomeni di contrabbando del petrolio.

Figura 7

In altre aeree continentali, è altresì ipotizzabile che ai grossi tankers e alle condotte, si affianchi anche un trasferimento su gomma. Il progetto vede coinvolti numerosi Paesi, Russia e Cina i più determinati oltre che capolinea west-east, ma anche Iran, e alcuni dei 5 stan.

Come prima accennato, il progetto Razvitie, sviluppo, prevede il riassetto della linea ferroviaria transiberiana e oltre 8000 km di rete viaria. Attualmente questo ampliamento si dispiega nel versante orientale, per prevalente interesse cinese.

È il conflitto attuale ai confini dell’Eurasia che impedisce di programmare una simile rete viaria o ferroviaria che unisca l’Eurasia con il continente europeo. Il progetto iniziale di Van Miert dei Corridoi di interesse europeo, come noto, si fermava a Kiev con il corridoio 5. L’incerto scenario attuale non consente previsioni, ma a lungo termine la saldatura mediante corridoi plurimodali di scorrimento stradale e ferroviario è affatto ipotizzabile. La conferma arriva puntuale attraverso Matteo Cazzulani (La voce arancione, 19.01.2016) che riferisce dell’inaugurazione di un nuovo corridoio di trasferimento via terra per merci, gas e oil, dall’Eurasia via Odessa e destinazione ultima i paesi del Nord Europa. Quindi la diversificazione del trasferimento merci intermodale e gia in atto (cfr https://, matteocazzulani.wordpress.com/2016/01/19/nuova-via-della-seta-lucraina-unisce-europa-e-cina/).

Dopo Belize, Costa Rica e Francia, la Nuova Zelanda è il quarto Paese a vietare sul suo suolo o nel mare off-shore delle sue coste, ogni forma di ricerca e trivellazione al fine di reperire giacimento di gas e o petrolio. Malgrado le insistenze di Compagnie come Shell, Chevron, Petrobras, Statoil, il Governo neozelandese è stato irremovibile.

Come per il greggio, anche il mercato del gas si configura come un terreno di opacità e allungamenti della filiera, che comportano non solo lievitazione dei prezzi alla pompa e inquinamento, fino alla tossicità, del mercato finanziario legato al greggio.

Note:

1 Ferrara A. http://www.glistatigenerali.com/infrastrutture_trieste/trieste-ritorna-porto-mitteleuropeo-, ma-e-del-tutto-positivo/,25.01.2017.

2 Ferrara A. Achtung: difficoltà in vista per il prodotto interno turistico, glistatigenerali.com. 16.10.2016.

3 Ferrara A. Trieste ritorna porto mitteleuropeo: , ma è del tutto positivo? Glistatigenerali.com. 25 gennaio 2017.

4 Foschini Giuliano- Tonacci Fabio, Il petrolio dell’ISIS finisce in Italia. La GdF indaga sulle navi fantasma, “ La Repubblica”, 31.07.2017.

5 International Consortium of Investigative Journalists

6 Colombo Y. Pista azera e «alte sfere» , maltesi per l’assassinio della giornalista Dauphne Caruana Galizia. il Manifesto, 18.10.2017.

7 Bonini C.,Foschini G. Tangenti e traffico di passaporti, le piste di Daphne Caruana Galizia, “ La Repubblica” 17.04.2018.

8 https://aidanewsxl.wordpress.com/2018/04/18/lomicidio-di-daphne-caruana-galizia-le-tangenti-dellazerbaijan-al-governo-laburista/.

9 112 Missili nucleari schierati dagli Usa a Comiso negli anni Ottanta, poi eliminati, insieme ai missili balistici Pershing 2, posti in Germania e agli SS-20 sovietici, in base al Trattato sulle forze nucleari intermedie (Inf), stipulato nel 1987.

10 Sistema di telecomunicazioni M.U.O.S (Mobile User Objective System) all’interno della base Militare Usa con un sistema di 46 antenne N.R.T.F. (Naval Radio Trasmittent Facility).

Fonti:

Ferrara A. et al. La vita al tempo del petrolio, Agorà&CO, Lugano, 2017

Ferrara A et al., Oil Geopolitics, Agorà&CO, Lugano, 2019

© Aldo Ferrara, Professore f.r. di Malattie Respiratorie nelle Università di Milano e Siena, Executive Manager dell’European Res. Group on Automotive Medicine

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