Pubblichiamo di seguito il messaggio della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, della Conferenza Episcopale Italiana, in vista della 15ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato che si celebrerà il prossimo primo settembre.

Vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà (Tt 2,12)

Per nuovi stili di vita

In occasione della 15a Giornata Nazionale per la Custodia del Creato le preoccupazioni non mancano: l’appuntamento di quest’anno ha il sapore amaro dell’incertezza. Con san Paolo sentiamo davvero «che tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi» (Rm 8,22).

Solo la fede in Cristo ci spinge a guardare in avanti e a mettere la nostra vita al servizio del progetto di Dio sulla storia. Con questo sguardo, saldi nella speranza, ci impegniamo a convertire i nostri stili di vita, disponendoci a «vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,12).

Vicinanza, gratitudine, lungimiranza

Siamo in un anno drammatico: la pandemia da Covid-19 ha portato malattia e morte in tante famiglie, ha messo in luce la nostra fragilità, ha ridimensionato la pretesa di controllare il mondo ritenendoci capaci di assicurare una vita migliore con il consumo e il potere esercitato a livello globale. Sono emerse tante contraddizioni nel nostro modo di concepire la vita e le speranze del futuro. Si è visto un sistema socio-economico segnato dall’inequità e dallo scarto, in cui troppo facilmente i più fragili si trovano più indifesi. Alle tante persone colpite negli affetti come nel lavoro desideriamo esprimere tutta la nostra vicinanza, nella preghiera come nella solidarietà concreta.

L’emergenza sanitaria ha anche messo in luce una capacità di reazione forte della popolazione, una disponibilità a collaborare. Tanti medici e operatori sanitari pronti a spendersi con generosità (in alcuni casi fino al dono della vita) per la cura dei malati; tanti lavoratori pronti a fare la loro parte – in condizioni spesso onerose – per consentire la prosecuzione della vita quotidiana anche in emergenza; tante famiglie pronte a stravolgimenti nella loro esistenza, restando a casa per cooperare all’azione comune; tanti uomini e donne che hanno pagato prezzi pesanti per la loro prossimità solidale ai più fragili: a tutti e a tutte la nostra gratitudine, per un impegno condiviso che è sempre risorsa fondamentale nell’emergenza. Abbiamo toccato con mano tutta la nostra fragilità, ma anche la nostra capacità di reagire solidalmente ad essa. Abbiamo capito che solo operando assieme – anche cambiando in profondità gli stili di vita – possiamo venirne a capo. Ne è prova anche la solidarietà che si è venuta a creare verso i nuovi poveri che bussano alla porta della nostra vita.

Abbiamo compreso il valore della lungimiranza, per non farci trovare nuovamente impreparati dall’emergenza stessa; per agire in anticipo, in modo da evitarla. Per questo adesso è tempo di ripensare tanti aspetti della nostra vita assieme, dalla coscienza di ciò che più vale e le dà significato, alla cura della stessa vita, così preziosa, alla qualità delle relazioni sociali ed economiche: davvero la pandemia ha evidenziato tante situazioni di vuoto culturale, di mancanza di punti di riferimento e di ingiustizia, che occorre superare. Non ultimo, in un contesto di incertezza e fragilità, diventa fondamentale ricostruire un sistema sanitario fondato sulla centralità della persona e non sull’interesse economico. Il suo smantellamento ha creato le condizioni per un impoverimento sociale.

Un pianeta malato

Cominciamo col guardare al nostro rapporto con l’ambiente; «tutto è connesso» (LS 138) e la pandemia è anche il segnale di un «mondo malato», come segnalava papa Francesco nella preghiera dello scorso 27 marzo. La scienza, provata nella sua pretesa di controllare tutto, sta ancora esplorando i meccanismi specifici che hanno portato all’emergere della pandemia. Essa appare, oltre che per ragioni sanitarie non ancora spiegate, anche come la conseguenza di un rapporto insostenibile con la Terra. L’inquinamento diffuso, le perturbazioni di tanti ecosistemi e gli inediti rapporti tra specie che esse generano possono aver favorito il sorgere della pandemia o ne hanno acutizzato le conseguenze. Questa emergenza ci rimanda, insomma, anche all’altra grande crisi: quella ambientale, che pure va affrontata con lungimiranza. Gli ultimi mesi hanno evidenziato la profondità e l’ampiezza degli effetti che il mutamento climatico sta avendo sul nostro pianeta. Se «nulla resterà come prima», anche in quest’ambito dobbiamo essere pronti a cambiamenti in profondità, per essere fedeli alla nostra vocazione di «custodi del creato».

Purtroppo, invece, troppo spesso abbiamo pensato di essere padroni e abbiamo rovinato, distrutto, inquinato, quell’armonia di viventi in cui siamo inseriti. È l’«eccesso antropologico» di cui parla Francesco nella “Laudato si’”. È possibile rimediare, dare una svolta radicale a questo modo di vivere che ha compromesso il nostro stesso esistere? Cominciamo con l’assumere uno sguardo contemplativo, che crea una coscienza attenta, e non superficiale, della complessità in cui siamo e ci rende capaci di penetrare la realtà nella sua profondità. Da esso nasce una nuova consapevolezza di noi stessi, del mondo e della vita sociale e, di conseguenza, si impone la necessità di stili di vita rinnovati, sia quanto alle relazioni tra noi, che nel nostro rapporto con l’ambiente. A cinque anni dalla promulgazione della “Laudato si’” e in questo anno speciale dedicato alla celebrazione di questo anniversario (24 maggio 2020 – 24 maggio 2021), occorre che nelle nostre Diocesi, nelle parrocchie, in tutte le associazioni e movimenti, finalmente ne siano illustrate, in maniera metodica e capillare, con l’aiuto di varie competenze, le molteplici indicazioni teologiche, ecclesiologiche, pastorali, spirituali, pedagogiche. L’enciclica attende una ricezione corale per divenire vita, prospettiva vocazionale, azione trasfiguratrice delle relazioni con il creato, liturgia, gloria a Dio.

Impegni per le comunità: un orizzonte ecumenico

A conclusione del Convegno ecumenico «Il tuo cuore custodisca i miei precetti» (Milano, 19-21 novembre 2018), voluto dalla Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo e promosso dall’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della CEI, assieme alle Chiese cristiane che sono in Italia, si è giunti a formulare alcune indicazioni per le nostre comunità. Possono diventare riferimenti per le iniziative pastorali in questo periodo:

comunicare la bellezza del creato;

denunciare le contraddizioni al disegno di Dio sulla creazione;

educare al discernimento, imparando a leggere i segni che il creato ci fa conoscere;

dare una svolta ai nostri atteggiamenti e abitudini non conformi all’ecosistema;

scegliere di costruire insieme una casa comune, frutto di un cuore riconciliato;

mettere in rete le scelte locali, cioè far conoscere le buone pratiche di proposte eco-sostenibili e promuovere progetti sul territorio;

promuovere liturgie ecumeniche sulla cura del creato in particolare per il «Tempo del Creato» (1° settembre – 4 ottobre);

elaborare una strategia educativa integrale, che abbia anche dei risvolti politici e sociali;

operare in sinergia con tutti coloro che nella società civile si impegnano nello stesso spirito;

le Chiese cristiane sappiano promuovere scelte radicali per la salvaguardia del creato.

In che misura le nostre comunità sono sensibili a queste necessità impellenti per evitare il peggioramento della situazione del creato, che pare già al collasso? Gli stili di vita ci portano a riflettere sulle nostre relazioni, consapevoli che la famiglia umana si costruisce nella diversità delle differenze. Proponiamo alcune opposizioni su cui riflettere nelle nostre comunità come invito urgente a nuove relazioni: accettare/omologare; accogliere/escludere; dominare/servire. Queste scelte risultano essere propositive per uno stile di vita in cui prevalga il senso sul vuoto, l’unità sulla divisione, il noi sull’io, l’inclusione sull’esclusione.

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