di Liliana Gorini

L’angelo della pace ci ha lasciati. Amelia Boynton Robinson, figura storica del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, è mancata mercoledì 26 agosto, all’età di 104 anni che aveva appena compiuto, il 18 agosto. Era diventata famosa per la marcia del 7 marzo 1965 da Selma a Montgomery in cui fu selvaggiamente picchiata dalle guardie a cavallo del governatore Wallace, sul ponte Edmund Pettus, e lasciata esanime per terra, come racconta il film “Selma”. Come disse giustamente Andrew Young, ex congressista e sindaco di Atlanta, che l’anno scorso l’ha accompagnata nella riedizione della marcia di Selma, “non era Amelia Boynton a marciare con Martin Luther King, era Martin Luther King a marciare con Amelia Boynton”. Nel 1965 lo accolse a casa sua, visto che l’unico albergo di Selma si era rifiutato di ospitarlo, e gli spiegò le sue battaglie decennali per insegnare agli afro-americani a registrarsi come elettori e porre fine alla “supremazia bianca” alle urne. Battaglie che le costarono molte rinunce: suo marito fu aggredito da razzisti bianchi e morì non molto tempo dopo a seguito di un infarto. Il sindaco di Selma la fece arrestare perché accompagnava gli afro-americani al Municipio a registrarsi come elettori, insegnando loro come compilare un modulo complicatissimo escogitato appositamente per scoraggiarli. Il 7 marzo del 1965 Martin Luther King decise che fosse lei a guidare la prima di tre marce da Selma a Montgomery per esigere il diritto di voto, e così fu. Amelia era in prima linea, e fu la prima ad essere colpita dai manganelli e dai gas lacrimogeni della guardie a cavallo. Svenne ed i gas lacrimogeni le rovinarono le corde vocali. Ma nonostante la voce rauca, nelle sue numerose visite ufficiali in Italia, in qualità di vicepresidente dello Schiller Institute e presidente d’onore di MoviSol, accennava sempre gli spiritual che cantava a Selma, ad esempio “Kumbaya” o “this little light of mine, let it shine” che i suoi concittadini cantarono per lei mentre era in carcere. E nonostante la voce rauca, commuoveva sempre il suo pubblico, ricordando che lo spiritual nacque proprio come forma di espressione, e di organizzazione, degli schiavi, che attraverso le canzoni si davano dei messaggi in codice.

Ho avuto il piacere e l’onore di accompagnarla e farle da interprete in molte delle sue visite ufficiali in Italia, tra cui al Quirinale ed al Parlamento, dove veniva sempre ricevuta con tutti gli onori. Come ho detto intervistata alla TV della Repubblica di San Marino lo scorso maggio, quando ho ritirato un premio ad “Amelia Boynton Robinson, angelo della pace” in ricordo delle sue precedenti visite a San Marino, il suo messaggio era sempre un messaggio di speranza, di avere sempre fede nelle proprie idee e non cedere mai all’odio, in quanto l’odio “fa più male a chi lo prova, che a chi lo subisce”. Era questo che ha insegnato agli studenti dell’Università La Sapienza a Roma e dell’Università Statale a Milano, accorsi ad ascoltare la sua storia. Come disse una senatrice a conclusione di un incontro con Amelia alla Commissione Esteri del Senato “oggi quando torno a casa dirò a mia figlia che ho incontrato la storia”.

Ho imparato molto da Amelia, come si superano gli ostacoli, inevitabili nelle battaglia politiche, tenendo ben presente l’obiettivo, e l’importanza del senso dell’umorismo in politica. Ho avuto il piacere e l’onore di tradurre la sua autobiografia “Un ponte sul Giordano” (Edizioni Palomar, Bari) che racconta la sua storia, da quando andava in giro con suo madre su un carretto trainato da cavalli per chiedere il diritto di voto per le donne, alle battaglie per il diritto di voto degli afro-americani, fino alla sua collaborazione con lo Schiller Institute, di cui è stata vicepresidente fino al 2008, per lo sviluppo economico in tutto il mondo. Era convinta che Martin Luther King fosse stato ucciso non solo perché chiedeva il diritto di voto degli afro-americani, ma anche perché proponeva programmi di sviluppo economico e contro la povertà, e si opponeva alla guerra in Vietnam. Recentemente aveva sottoscritto la nostra petizione contro le sanzioni nei confronti della Russia e per la cooperazione coi BRICS. Un’anima bella come Amelia lascia un segno indelebile nei ricordi di tutte le persone che incontra, e così è stato anche per me, e per tutti gli amici di MoviSol che l’hanno conosciuta. Ci mancherai Amelia. E resterai per sempre viva nei nostri pensieri.

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