“È chiaro che non ha capito nulla di quello che diceva”. Con queste parole Stephen Bannon, ex stratega di Donald Trump, ha commentato il discorso di George W. Bush sulla situazione politica in America. Il 43esimo presidente ha discusso la validità dei principi democratici tradizionali americani che hanno formato gli Stati Uniti. Idee simili sono state espresse  quasi contemporaneamente anche da Barack Obama, predecessore di Trump, e si aggiungono a simili commenti di John McCain, senatore dell’Arizona. Sarà stata causalità, ma questi leader dell’establishment democratico e repubblicano hanno spiegato a modo loro quanto sono preoccupati per la situazione americana attuale, sotto la guida del 45esimo presidente. Nessuno dei tre leader ha fatto il nome di Trump ma le dichiarazioni erano facilmente riconoscibili come un monito all’attuale inquilino della Casa Bianca e allo stesso tempo ad altri membri del governo.

Bush, nel suo discorso pronunciato a New York, ha espresso la sua preoccupazione per “le teorie di complotti e le falsità spudorate” che dominano il discorso politico attuale. “Il bullismo e i pregiudizi nella nostra vita pubblica diffondono un modo di pensare che incoraggia la crudeltà e l’intolleranza in tutta la nazione”, ha specificato il 43esimo presidente. Secondo Bush i valori vanno “incarnati” agli occhi del popolo, che guarda al Presidente come a un esempio da seguire.

Obama ha anch’egli echeggiato questi temi in un discorso tenuto nel New Jersey, in cui ha sostenuto che le crepe politiche e sociali che si stanno verificando rappresentano un pericolo, per l’America e il mondo. Il 44esimo presidente ha anche sottolineato che bisogna progredire, non ritornare indietro. Come anche Bush, Obama ha ribadito i principi democratici tradizionali condivisi dai due i partiti democratico e repubblicano: mettendo in rilievo che essi riguardano non solo l’America ma influenzano anche il resto del mondo. L’ex inquilino della Casa Bianca ha anche dichiarato che chi semina divisioni allo scopo di vincere un’elezione, alla fine genererà una situazione in cui sarà “impossibile governare”.

Anche John McCain, che fu candidato repubblicano alla Presidenza nel 2008 quando sconfitto da Obama, attualmente senatore dell’Arizona, ha criticato Trump. In un’intervista alla rete di televisione pubblica C-SPAN, McCain ha rievocato la guerra del Vietnam e manifestato il suo disappunto per il fatto che la stragrande maggioranza dei soldati provenivano dalle famiglie meno agiate. Per quelli della classe alta, ha spiegato il senatore, non era difficile rimandare la chiamata alla leva per via della frequentazione degli studi universitari, oppure trovare un medico che certificasse “malformazioni ossee al tallone”. Il riferimento, molto specifico, ovviamente sembra riguardare Trump: infatti questi prima usufruì di quattro rinvii alla leva per i suoi studi, e  alla fine fu esentato per “una lieve malformazione ai talloni”.

Rispondendo alla domanda di un giornalista, Bush ha detto che la Casa Bianca avrebbe ben saputo del contenuto del suo discorso. Ma, come si diceva sopra, la reazione è stata indiretta ed è venuta da Bannon, secondo lo stile che è tipico dell’entourage dell’attuale Presidente, il quale personalmente non ha detto nulla. Trump non ha ritenuto di rispondere a nessuno di questi tre leader politici, ma si è limitato a diramare un commento accompagnato da una tipica, venata minaccia non esente da tinte vagamente bulliste. “Fino a ora sono stato molto, molto gentile” ha detto Trump, “ma a un certo punto contrattaccherò e non sarà bello”.

Non è stato “bello” d’altro canto il suo atteggiamento verso Myheshia Johnson, la vedova del sergente La David Johnson, uno dei quattro soldati americani uccisi in Niger in uno scontro coi terroristi dell’Isis. Trump aveva telefonato alla vedova per esprimere le sue condoglianze, ma usando un linguaggio che è apparso a molti ben poco rispettoso. Ne è sorta una polemica, alla quale il 45esimo presidente avrebbe potuto facilmente porre fine chiedendo scusa, visto che le sue parole apparivano inappropriate. Ma Trump non sa chiedere scusa né sa ammettere di poter sbagliare.

Verso la metà di ottobre è sorta un’altra polemica, con il senatore Bob Corker, repubblicano del Tennessee che fu grande sostenitore di Trump agli inizi della campagna elettorale. Tra i due invece ora c’è stato uno scambio di insulti, principalmente mediante Twitter: si è trattato di una evidente esempio proprio di ciò che Bush, Obama e McCain hanno lamentato nelle loro dichiarazioni.  Corker ha sosttenuto che l’attuale inquilino alla Casa Bianca ha diramato falsità, dicendo che la condotta di Trump è “molto triste per la nostra nazione” e che “degrada” l’America. Trump ha ribattuto con tweet velenosi, dicendo che Corker non sarebbe nemmeno capace di farsi eleggere “accalappiacani”.

Se Trump non ha ancora reagito ai suoi due predecessori, Bush e Obama, Bannon sembra avere preso il suo posto. Dopo avere lasciato la carica di consigliere alla Casa Bianca, Bannon è ritornato alla guida di Breitbart News, sito di notizie di estrema destra. Mantiene però i suoi legami con Trump e lo sostiene promuovendo candidati politici dal profilo anti-establishment. Bush ovviamente rappresenta l’establishment repubblicano: Bannon non poteva resistere all’idea di scoccare le sue frecciate contro di lui. In un discorso a un gruppo di Repubblicani in California l’ex stratega di Trump si è scusato con i sostenitori di Bush presenti, per poi dire che “non è mai esistita una Presidenza così distruttiva” come la sua. Sorge la domanda: eccetto per quella di Donald Trump?

 

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