di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**
*Sottosegretario all’Economia del governo Prodi  **Economista

Come al solito le agenzie di rating americane sono ritenute degne di fede dai media italiani. L’ultimo caso è quello della Moody’s che, sulla base non si sa di quale competenza superiore, corregge al ribasso la valutazione dell’Ocse, l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico che raccoglie 34 Paesi, tra cui tutti quelli della cosiddetta economia avanzata. Mentre l’Ocse prospetta una piccola crescita dello 0,5% del Pil italiano nel 2014, Moody’s la azzera, anzi la porta in zona negativa.
Conosciamo tutti, e troppo bene, le difficoltà economiche del “sistema Italia” e quanto lenta e difficile sia ancora la ripresa della produzione e dell’occupazione. Non si tratta quindi di voler creare delle illusioni intorno a qualche decimale vicino allo zero.
Ciò che per noi è inaccettabile, e per questo motivo ancora una volta torniamo a parlarne, è che le agenzie di rating americane, la cui credibilità, questo si, è veramente sotto lo zero, possano dettare analisi e condizioni economiche senza sollevare l’indignazione delle nostre forze politiche ed economiche e dei media italiani.
Non proponiamo una censura. Sosteniamo che i responsi di Moody’s e delle altre sorelle del rating siano considerati nel giusto modo, sottolineando quindi che, oggi nel caso della Moody’s, le suddette agenzie non godono di tanta e ovvia credibilità. Si ricordi che esse sono state pesantemente coinvolte in gravissimi conflitti di interesse e sono state, e sono, sottoposte ad indagini importanti.
Ogni loro valutazione dovrebbe quindi essere sempre accompagnata almeno dalle citazioni di rapporti ufficiali preparati dalle più importanti commissioni d’indagine degli USA. Per esempio:
– Nel rapporto “Wall Street and financial crisis: Anatomy of a financial collapse”, presentato nell’aprile 2011 dalla Commissione d’inchiesta sulla crisi finanziaria guidata da Phil Angelides, si dice: «Noi sosteniamo che il fiasco delle agenzie di rating sia stato un elemento essenziale del meccanismo distruttivo finanziario. Esse sono state le promotrici chiave del melt down finanziario, cioè della dissoluzione sistemica. Non si sarebbe potuto vendere i titoli ipotecari, che sono stati al cuore della crisi, senza il loro timbro di approvazione. Gli investitori si sono ciecamente fidati dei loro giudizi. In alcuni casi il loro rating era obbligatorio. La crisi non sarebbe potuta accadere senza le agenzie di rating. Tra il 2007 e il 2008 il loro rating ha fatto prima salire i mercati e poi, con l’abbassamento repentino delle loro valutazioni, li ha fatti precipitare».
– La Commissione Levin-Coburg del Senato americano ha affermato a sua volta che «la crisi non è stata un disastro naturale, bensì il risultato di alti rischi, prodotti finanziari complessi, conflitti di interesse coperti, il fallimento degli organi di controllo, il ruolo delle agenzie di rating e dello stesso mercato che hanno permesso e guidato gli eccessi di Wall Street». «I rating gonfiati hanno contribuito alla crisi finanziaria mascherando i veri rischi dei titoli ipotecari», diceva ancora la Commissione.
Si potrebbe aggiungere l’indagine fatta dal pm Michele Ruggiero della Procura di Trani nei confronti della Moody’s per “manipolazione del mercato in cui gli analisti fornivano intenzionalmente informazioni tendenziose e distorte”.
Negli Usa sono molti i procedimenti legali aperti contro la Moody’s e le altre agenzie di rating. E’ il caso CalPERS, il più grande fondo pensione californiano per gli impiegati pubblici, che ha chiesto a Moody’s e a Standard & Poor’s un rimborso di un miliardo di dollari. Le agenzie avevano fornito valutazioni totalmente erronee di alcuni titoli da comprare in seguito crollati rovinosamente.
D’altra parte, al di là dell’ottimismo o delle lamentele del nostro primo ministro, la nostra economia e l’intero “sistema Italia” devono quasi quotidianamente dimostrare al mondo intero, a cominciare da quello della finanza, che le politiche del governo di Roma sono realistiche, realizzabili ed effettivamente applicate per ottenere il benestare della Bce, della Commissione Europea e delle tante altre istituzioni internazionali.
Perciò sarebbe onesto e giusto applicare gli stessi rigorosi criteri alle agenzie di rating, cioè a chi, non a parole ma nei fatti, è stato purtroppo complice e primo attore nel copione della più grande crisi finanziaria globale della storia.

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